Il colore della pelle è ancora un limite alla disponibilità ad adottare?

Buongiorno,

siamo genitori adottivi di un bellissimo bambino ghanese. Tutto procede felicemente da quando nostro figlio è entrato in famiglia, tuttavia mi rendo conto di uno spiacevole particolare. Nonostante viviamo evidentemente in una società multietnica, spesso ci sentiamo rivolgere domande secondo noi inopportune che, sinceramente, non fanno davvero piacere. Ci stiamo accorgendo, insomma, che il colore della pelle è ancora un segnale di forte differenza, capace di scatenare la curiosità di sapere da dove provenga un bambino. Se uno di noi è nato in una città diversa da quella in cui vive, nessuno se ne accorge o quanto meno la sua provenienza non è tra le prime curiosità delle persone che lo incontrano. Lo stesso non accade con un bambino di colore. E tra l’altro, credo che un adulto dovrebbe capirlo da solo che nostro figlio è stato adottato, frenando quindi la propria curiosità. È questa assenza di sensibilità che ci disturba. Supponiamo però di doverci fare l’abitudine: in ogni scuola che nostro figlio cambierà, in ogni posto di lavoro in cui verrà assunto, probabilmente si sentirà ripetere sempre le stesse domande.

Voi di Ai.Bi. vi occupate quotidianamente di accoglienza di minori provenienti dalle più diverse parti del mondo. Ritenete anche voi che il colore della pelle costituisca ancora un limite alla disponibilità delle famiglie italiane ad accogliere un bambino abbandonato? Perché?

Grazie della disponibilità,

Marianna e Marco

 

psicologoCari genitori,

ancora oggi, nonostante molte resistenze e molti pregiudizi siano stati superati, è molto comune l’idea che il colore della pelle sia ciò che differenzia una persona dall’altra; questo è però un concetto estremamente riduttivo, poiché non sottolinea la ricchezza che deriva dalla “diversità”. Dal punto di vista dell’adozione il colore della pelle non risulta essere un limite, il timore dei pregiudizi passa in secondo piano di fronte alla comprensione di quanto la diversità etnica e culturale possa essere fonte di arricchimento e maturazione.

Negli anni anche  le organizzazioni scolastiche hanno fatto un ottimo lavoro dal punto di vista dell’integrazione razziale, educando i bambini alla diversità e all’integrazione.

E’ probabile che da questo punto di vista siano più educati e preparati i bambini degli adulti che spesso dimostrano spesso di avere ancora una mentalità poco elastica. La curiosità scatenata da un’adozione(in particolare se il bambino ha un’evidente diversità somatica) è una reazione più che normale, a prescindere dall’etnia di genitori e figli adottivi; non bisogna dimenticare che spesso è proprio la curiosità ad essere alla base di un processo di integrazione, comprensione e in ultimo arricchimento. E’ importante non irrigidirsi di fronte a reazioni che possono sembrare poco sensibili, cercando di coglierne gli aspetti positivi e costruttivi, in modo da trasmettere anche al proprio figlio la positività della diversità.

Non dimentichiamo poi che la diversità derivante dall’etnia di appartenenza rende la mente più elastica, perché un bambino adottato che ha potuto sperimentare due culture, due modi di vivere e di pensare differenti, ha la possibilità di attingere a quello che risulta essere un bagaglio culturale più ampio!

 

Equipe psico-sociale di Ai.Bi.