«Il governo offre alle coppie l’eterologa gratis mentre l’adozione diventa uno sfizio per ricchi». L’Ai.Bi. sospende le attività

orfanotrofio-haiti 200Una delle ragioni dietro questa decisione la si può cogliere osservando i dati dell’attività anche della sola Aibi per il 2014: 446 conferimenti dalle coppie all’associazione già attivati, altri 50 mandati in arrivo nei prossimi giorni, più altri 41 in stand by; ci sono già 500 coppie in lista d’attesa, ma quelle che adotteranno da qui a dieci mesi saranno 91. Malgrado le richieste da parte delle coppie italiane siano in crescita (il 20 per cento di conferimenti in più ad Aibi rispetto al 2013), i percorsi di adozione portati a termine in Italia scendono del 45 per cento in un anno. Marco Griffini, presidente dell’associazione, precisa a tempi.it: «Il nostro non vuole essere un atto di protesta, ma è un atto dovuto nei confronti delle famiglie».

«Un atto dovuto» dice. Perché?
Lo abbiamo deciso con grande amarezza e rabbia, perché sono anni che le coppie italiane danno mandati. È una scelta che pagheranno i bambini abbandonati, e le garantisco che non ci dormo la notte, ma senza una collaborazione tra gli enti autorizzati e la Commissione per le adozioni internazionali (Cai, ndr), le adozioni non possono essere fatte. Si tratta di serietà e di non offrire false illusioni alle coppie che si rivolgono a noi. Quest’anno tutti gli enti autorizzati stanno registrando un calo dei percorsi portati a termine del 30 per cento. Noi di Aibi, poi, abbiamo registrato un calo del 45 per cento, e non ci sono segnali di una ripresa delle adozioni internazionali.

E questo da cosa è causato?
Manca una politica di sviluppo del governo sul tema, perciò da parte nostra la sospensione è un atto dovuto: se il governo non sostiene le adozioni, noi allora come possiamo farle? Da anni il Cai è presieduto da un ministro: prima Rosy Bindi, poi Carlo Giovanardi, poi Andrea Riccardi. In questi anni le adozioni hanno conosciuto uno sviluppo incredibile, e siamo arrivati a quota 4 mila abbinamenti conclusi nel 2011. Poi abbiamo visto il presidente del consiglio Renzi che per la prima volta aveva assunto personalmente la delega e abbiamo creduto che le cose migliorassero. Invece Renzi ha abdicato, per la prima volta da anni.

Anche il senatore Giovanardi (Ncd) la settimana scorsa ha presentato un’interpellanza, denunciando proprio che il Cai, che per legge dev’essere presieduto dal premier o da un suo ministro, ora è guidato dal consigliere di Cassazione Silvia Della Monica. Perché il problema che sollevate non è solo di cariche formali, ma di “sostanza”?
In primo luogo perché se il settore delle adozioni internazionali è gestito da un ministro o da un premier, questi ultimi hanno un valore di propulsore. Hanno interesse che il Cai e le adozioni si si sviluppino. Invece adesso sono mancati gli incontri periodici con le associazioni accreditate, come pure le missioni all’estero per stringere nuovi accordi. Faccio due esempi: a luglio è stato firmato un accordo con il Burundi; noi siamo un ente accreditato con quel paese, abbiamo anche un ufficio di rappresentanza lì, e potremmo avviare degli iter, solo che ad oggi non siamo a conoscenza delle nuove direttive firmate per le adozioni in quel paese. Nessuno ci ha spiegato che pratiche dobbiamo seguire. Idem per la Cambogia: non conosciamo i contenuti dell’accordo bilaterale.

E qual è l’altro motivo di obiezione alla nomina al Cai?
È stata messa alla presidenza una persona, un magistrato, che sarà sicuramente bravissima e preparata, ma non ha competenze in materia, non viene dal Tribunale per i Minorenni. Inoltre la legge stabilisce che il presidente ha il compito di controllare l’operato della Commissione e del vicepresidente. Ma attualmente la figura del vicepresidente è sia controllore che controllato. È un bel problema, non so se si è mai verificato un precedente del genere. Per di più, non avendo più un referente politico, non sappiamo se questa situazione sia una volontà di Renzi. Non capisco cosa c’è dietro e quale sia la causa di tutto questo: siamo qui con le mani alzate. Non possiamo accettare richieste da nuove coppie senza avere una politica delle adozioni: chi faccio loro adottare?

Ma le si sarà fatto un’idea del perché avviene tutto questo.
Leggendo i giornali mi viene da pensare che il governo abbia deciso che chi non ha figli può farsi l’eterologa, ora che è gratuita. Invece chi si volesse proprio togliere lo “sfizio” delle adozioni internazionali – perché in un sfizio lo stanno trasformando – cercherà di fare tutto da sé. E così si scenderà da 4 mila adozioni a 400, magari. Oppure chissà, magari c’è una volontà non esplicitata di azzerare gli enti accreditati per fare come in Francia, dove c’è un’agenzia statale e poi gli enti accreditati. Il problema è che in Francia non fanno i numeri che facevamo noi: noi abbiamo davvero il “Made in Italy” dell’accoglienza, eravamo secondi solo agli Stati Uniti, i paesi d’origine ci vedevano bene. Mi chiedo: a che pro mandare tutto in malora? L’Onu stima che solo per gli  orfani dell’Aids servirebbero 15 milioni e 600 mila genitori adottivi. Considerando anche altre cause, l’Unicef stima la cifra monstre di 168 milioni di bambini. Invece in tutto il mondo vanno in porto appena 260 mila adozioni ogni anno, fra nazionali e internazionali. Pochissime.

Quali sono i costi, le procedure e i tempi necessari per un’adozione internazionale?
È il punto dolente. Dal punto di vista burocratico, c’è una legge ormai vecchia, la 476 del 1998, che prevedeva che le adozioni internazionali fossero gestite con protocolli regionali, ma è rimasta in gran parte inapplicata, infatti ciascun tribunale o ente autorizzato fa quello che vuole. La legge prevede che per avere l’idoneità ci vogliono sei mesi, ma questi tempi non vengono rispettati mai: noi abbiamo una media di attesa tra 9 mesi e 1 anno e mezzo, ci sono casi di enti accreditati in cui si attende fino a 4 anni. I tempi determinati invece dalle procedure degli altri Stati variano: si va dai sei mesi della Cina ai due o tre anni della Colombia o della Bulgaria. Anche i costi variano moltissimo da paese a paese. Per le pratiche burocratiche si va dai circa 6.800 euro del Brasile ai 12 mila euro della Cina. E a questi costi vanno aggiunti quelli dei viaggi necessari alla coppia, prima e durante l’abbinamento. Ma se il Perù o il Brasile richiedono solo un viaggio, la Russia ne richiede tre. Il risultato di tutto ciò è una selezione spietata che scoraggia le adozioni internazionali. E segnalo che la crisi economica non c’entra con questo calo: come ho detto, negli ultimi anni le domande delle coppie sono aumentate.