Ingresso di minori stranieri: la kafala non è contraria all’ordinamento italiano!

mogadiscio200Sembrava ormai chiaro che la kafala non fosse contraria all’ordinamento italiano: da anni la Corte di Cassazione ha chiarito la conformità di questo istituto utilizzato nei Paesi di diritto islamico per accogliere i minori abbandonati, senza però creare vincoli familiari. La kafala è infatti riconosciuta espressamente dai Trattati internazionali, come la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la Convenzione de L’Aja del 1996 che ancora l’Italia deve purtroppo ratificare.

La stessa Corte di Cassazione ha affermato espressamente che il visto di ingresso a un bambino in kafala non può essere rifiutato ma deve essere rilasciato anche se il minore è affidato a italiani (Cassazione a Sezioni Unite n. 21108/2013). Ciò nonostante i signori Rahma Nur Mohamud e Paolo Bianchini il 28 marzo 2014 hanno ricevuto, da parte dell’Ambasciata d’Italia a Nairobi (in Somalia non c’e’ un consolato italiano), il diniego del rilascio del visto di ingresso per turismo della bimba di 9 mesi loro affidata in kafala. Questo diniego ha comportato un “esilio” forzato dei signori Bianchi che non hanno potuto fare ritorno in Italia per ben 5 mesi e che solo un paio di giorni fa, dopo una lunga battaglia legale, sono riusciti a portare a casa la bimba.

La kafala dei Signori Bianchini è stata pronunciata già dal 12 novembre 2013 con il provvedimento di un Tribunale straniero, in particolare della Corte del distretto di Karan (Somalia), dunque in conformità alla legge del Paese di cui la signora Rahma è originaria. Una via crucis, quella dei Bianchi, che è terminata grazie alla sentenza del TAR – Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, depositata il 21 luglio 2014, che ha accolto il ricorso avanzato dalla coppia e ha annullato il provvedimento di diniego del visto, ordinando che la sentenza fosse eseguita dall’Autorità amministrativa. Un’attesa che nonostante la decisione del TAR si è prolungata ancora, dal momento che l’Ambasciata ha atteso alcuni giorni prima di rilasciare quanto dovuto, affermando inizialmente, e nonostante la notifica della sentenza, che senza indicazioni dalla Farnesina non si sarebbe potuto rilasciare il visto!

Un’odissea, quella dei Signori Bianchini, che si è conclusa per il momento, pur rimanendo aperta la questione della scadenza del visto non appena finiti i tre mesi richiesti per turismo. Il caso descritto richiama l’urgenza di ratificare quanto prima la Convenzione dell’Aja del 1996 da parte dell’Italia, che resta una pagina non conclusa della storia del nostro Paese, dal momento che il Parlamento non ha ancora concluso l’iter di approvazione della legge.

 

(Fonte parziale: “Avvenire”)