A differenza di molti Paesi europei, l’Italia crede nel rilancio dell’Adozione Internazionale!

Forte di un sistema che funziona, l’Italia non chiuderà mai le Adozioni Internazionali. Lo ribadisce il vicepresidente della CAI Vincenzo Starita: “L’Adozione Internazionale è l’ultima possibilità che possiamo dare a tanti bambini abbandonati”

L’Adozione Internazionale in Europa sta vivendo un periodo piuttosto complesso, con diversi Paesi che hanno deciso di chiuderle per l’impossibilità, a loro detta, di garantire la sicurezza dei minori e il rispetto dei loro diritti. Una motivazione che sembra cozzare con la ragione per il quale l’adozione stessa è nata, ovvero garantire a ogni bambino il diritto di vivere e crescere all’interno di una famiglia.
Ai.Bi. ha già avuto modo di proporre una propria analisi della situazione, sottolineando come la scelta, fatta all’indomani dell’adesione alla Convenzione de l’Aja del 1993, di vietare le Adozioni Internazionali “fai da te” obbligando gli aspiranti genitori a rivolgersi agli Enti Autorizzati, sia proprio una garanzia per il rispetto dei diritti dei minori.

Il futuro dell’Adozione Internazionale

Una posizione, quella dell’Italia apertamente a favore dell’Adozione Internazionale, che è stata ribadita con decisione anche dal vicepresidente della Commissione per le Adozioni Internazionali Vincenzo Starita in occasione della partecipazione al seminario internazionale “Adozione: una prospettiva multidisciplinare”, tenutosi a Lima, in Perù.
Qui, Starita ha parlato del futuro dell’Adozione Internazionale partendo dall’esempio virtuoso dell’accordo firmato tra l’Italia e il Perù. Un accordo che ha dato l’opportunità a tanti minori, spesso con bisogni speciali, di essere accolti da famiglie italiane, garantendo loro “esattamente gli stessi diritti che hanno i minori italiani” e operando sempre per il maggiore interesse del minore. Questo, ha ribadito Starita, è sempre stato il “faro” del mio agire, anche nei 20 anni passati come magistrato impegnato nella difesa dei diritti dei minori. Quindi – ha concluso: “Potete immaginare quanto mi stia a cuore il futuro dell’adozione internazionale”.

Il ruolo dell’Italia

Il Vicepresidente della CAI ha poi proseguito il suo intervento allargando la visuale al ruolo dell’Italia, esprimendo il suo orgoglio di rappresentare il Paese che “realizza il maggior numero di adozioni internazionali di bambini con bisogni speciali”.
“Come firmatari della Convenzione dell’Aja – ha proseguito – dobbiamo fare di tutto per garantire a tutti i bambini il diritto a crescere in una famiglia e, quando questo non è possibile nel loro paese d’origine, l’Adozione Internazionale è l’ultima possibilità che possiamo dare a tanti bambini abbandonati. Per questo, l’obiettivo che dobbiamo tenere a mente ogni mattina, quando ci svegliamo, è che nemmeno un minore rimanga mai più in un istituto fino alla maggiore età”.
Il ché non significa fare finta che non ci siano stati o che ci possano ancora essere delle pratiche portate avanti in modo poco chiaro, e che bisogna, quindi, lavorare “duramente per assicurare che i bambini trovino una famiglia stabile e amorevole, senza incorrere in situazioni di traffico o abusi”. Ma il punto di partenza deve essere quello della consapevolezza che “L’adozione internazionale ha cambiato molte vite e molti Paesi hanno affrontato grandi sfide per garantire che queste adozioni fossero trasparenti e rispettose delle leggi internazionali”.
Per questo l’Adozione Internazionale non morirà mai, e l’Italia continuerà a lavorare “per garantire che ogni adozione sia un successo, non solo per i bambini, ma anche per le famiglie che accolgono i minori”.