La Bellezza e l’Inferno delle Adozioni Internazionali: il punto di vista di Marco Griffini

radio in blu

Piazza inBlu, programma radiofonico di radio InBlu, in onda la mattina alle 9.06, dedica una puntata al tema dell’adozione internazionale. La conduttrice Chiara Placenti intervista il presidente di Amici dei Bambini, Marco Griffini.       

 

Qual è lo stato di salute dell’adozione internazionale?

Quest’anno è l’ennesimo annus horribilis dell’adozione internazionale. Da tempo il settore è piombato in una fase depressiva, la Commissione per le Adozioni Internazionali non si raduna da un anno e per la prima volta non c’è nemmeno un ministro a presiederla. E’ come quello che accade  nel corpo umano, quando il sangue non circola più. L’agonia  è legata a un fattore preciso: a livello politico non si crede nell’adozione internazionale.

 

Quali sono nel mondo i numeri dell’adozione internazionale?

La nostra missione è fare impresa sociale: noi esistiamo per dare una famiglia ai bambini abbandonati. Basti ricordare quanto emerse dal Rapporto delle Nazioni Uniti redatto nel 2009. Già sei anni fa è stato registrato un dato impressionante: nel mondo vengono realizzate 266mila adozioni. Se dovessimo dare una famiglia ai soli bimbi orfani di genitori morti per l’Aids dovremmo moltiplicare le adozioni per 66 volte, quindi 15 milioni. E allora il punto è questo. L’Italia, l’Europa, il mondo che cosa intendono fare rispetto a questa emergenza?

 

Quale sarebbe una buona soluzione?

L’adozione internazionale non è mai entrata con la sua gravità nella cooperazione internazionale. Non mi stancherò mai di ripeterlo: il punto non è dare un figlio a una coppia dei genitori, ma è dare una mamma e un papà a un bambino abbandonato. Il punto di vista adultocentrico è profondamente sbagliato.

 

Spesso però le famiglie sono scoraggiate, perché l’iter adottivo è molto costoso e lungo

L’adozione internazionale è afflitta da mali che potrebbero essere spazzati via. Intanto non vorrei essere al posto delle famiglie, che devono scegliere tra ben 66 enti autorizzati. Molti dei quali non organizzati all’estero, privi di personale dipendente in loco. Riceviamo ogni giorno lamentale di famiglie che denunciano le richieste da parte di enti autorizzati a portare soldi in nero all’estero, cifre importanti che possono arrivare anche a 15 mila euro. Questo fa inevitabilmente schizzare in alto il costo delle adozioni. Purtroppo poche sono le coppie che decidono di denunciare. E poi ci sono i problemi burocratici. L’Italia, insieme al Belgio, è l’unico paese che prevede un doppio passaggio al Tribunale del Minorenni. Se si eliminasse il doppio passaggio- come Amici dei Bambini chiede da tempo- l’iter adottivo si accorcerebbe di almeno un anno. Personalmente mi sento di incoraggiare le famiglie. Ci sono Paesi dove adottare è possibile in tempi anche ragionevoli.

 

Quali sono le cause della crisi?

E’ un dato inconfutabile il calo delle adozioni internazionali a livello mondiale. Ma le cause di questa crisi non sono le stesse in tutti i Paesi occidentali. Tanto è vero che nel 2011 mentre negli altri Paesi, Francia in testa, il numero delle adozioni internazionali crollava a picco, in Italia registravamo un periodo felice.  Il problema degli ultimi 3 anni risiede altrove. Siamo in presenza di una cattiva gestione della Commissione Adozioni Internazionali. Che è priva della necessaria forza propulsiva da parte della componente politica. Dopo la presidenza fantasma di Andrea Riccardi e la “meteora” rappresentata da Cecile Kyenge, l’attuale Cai è caratterizzata da una gestione personalistica. Sono state accorpate in una sola figura le cariche di presidente e vicepresidente. Questo non ha prodotto uno snellimento dell’attività della Cai, ma un colpevole rallentamento dei compiti a cui essa è preposta. In un anno di mandato è stata convocata una sola assemblea generale, si sono verificati ripetuti casi di mancato rilascio agli enti di documenti e autorizzazioni indispensabili per poter operare nei Paesi esteri; le richieste degli Enti Autorizzati per aprire nuovi Paesi giacciono inevase; non sono stati convocati tavoli-Paese per affrontare congiuntamente le situazioni critiche; non son state organizzate missioni  congiunte nei paesi di origine. Lo sfascio dell’adozione internazionale in Italia sta quindi proprio in queste disfunzioni.

 

Se il sistema Italia funzionasse, davvero pensa che le adozioni internazionali potrebbero risolvere il dramma di 

tanti bambini abbandonati nel mondo?

 

La storia insegna. L’adozione internazionale attiva anche processi virtuosi. Il caso della Bolivia è esemplare. Attualmente il Paese del Sud America è lo Stato con il maggior numero di associazioni di genitori adottivi. E’ successo che le famiglie boliviane hanno cominciato a interrogarsi sugli italiani in particolare e gli occidentali in generale che affrontavano costi alti pur di adottare i loro bambini. Ed è successo quello che tutti coloro che sono dalla parte dei bambini sperano: l’incremento delle adozioni nazionali nei Paesi che fino a pochi anni fa erano solo i Paesi d’origine dei nostri figli. In Bolivia è stata l’adozione internazionale a incoraggiare le adozioni nazionali. E non è un caso se sono proprio i genitori adottivi boliviani che da tempo invitano il Governo di La Paz a riaprire le adozioni internazionali, bloccate dal qualche anno.