La disperazione delle famiglie alimenta il reclutamento dei bambini soldato

bambini soldatoDal nostro inviato (Luigi Mariani) – Ne avevo sentito parlare durante un meeting con altre organizzazioni umanitarie, ma adesso è confermato: in alcune zone della Siria si stanno diffondendo sempre più i campi di addestramento per bambini soldato.

Quello che la testata online indipendente “Tahrir Souri” ha portato alla luce, è un vero e proprio programma di reclutamento di giovani da formare per la battaglia, messo in atto dal gruppo radicale ISIS (Islamic State of Iraq and Al-Sham), un tempo affiliato ad Al Qaeda. Il gruppo controlla vaste aree del paese ed è presente in particolare nei governatorati di Idlib, Aleppo e Al-Raqqa. Proprio ad Al-Raqqa è stata rinvenuta la presenza di almeno cinque di questi campi, che ospitano decine di minori, per lo più al di sotto dei 16 anni.

Ufficialmente, il reclutamento avviene su base volontaria, ma in realtà le famiglie sono indotte a lasciare andare i propri figli dietro compenso economico: una formula che sembra funzionare nella maggior parte dei casi, perché sfrutta la condizione di crescente povertà in cui versa la popolazione delle aree sotto il controllo dell’organizzazione.

A quanto pare, non tutti i reclutamenti avvengono su base “volontaria”. Su Tahrir Souri è riportata l’odissea del piccolo Hamadi, 13 anni, scomparso il 14 maggio e ritrovato dai genitori, dopo un’estenuante ricerca, proprio in uno di questi campi di addestramento, dove era stato condotto senza il consenso dei familiari. Solo dietro il pagamento di una sorta di riscatto, i responsabili del campo – che inizialmente negavano la presenza del ragazzo – hanno poi ammesso di averlo reclutato e l’hanno lasciato libero di tornare a casa. Hamadi ha poi spiegato di essere stato convinto da un amico a recarsi al campo, in cambio di soldi; lì, attraverso una sorta di cerimonia di iniziazione, gli è stato attribuito un nuovo nome “di battaglia” e ha cominciato le esercitazioni.

L’aspetto forse più drammatico di questo fenomeno non è tanto la violenza del rapimento in sé, dell’induzione o dello sfruttamento di innocenti a fini ideologici e militari, quanto l’idea che le famiglie, per sopravvivere, siano costrette a privarsi persino dei propri figli. Quanto tempo passerà, prima che questa pratica si allarghi anche ad altre zone del paese, dove gli aiuti scarseggiano e la popolazione siriana vive in condizioni di estremo bisogno?

Fra i diversi motivi che hanno spinto Amici dei Bambini a intervenire in Siria, c’è anche questo: contrastare – per quanto possibile – il diffondersi della miseria e della disperazione, che spesso portano a compiere gesti estremi e a cedere al ricatto di chi trae cinicamente vantaggio dalla povertà per i propri scopi.

Solo mettendo le famiglie siriane in condizione di poter sopravvivere dignitosamente, si potrà sperare di sottrarre i bambini a fenomeni come il reclutamento forzato, ma anche il lavoro minorile e l’abbandono. Facciamo in modo che gli unici campi dove i piccoli siriani debbano passare le proprie giornate siano quelli da gioco, non quelli di guerra.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.