La famiglia, l’accoglienza più giusta per chi fugge dai “faraoni” dell’era moderna

misnaNei Paesi in cui dominano la guerra, il terrore e la violenza, a volte sono le madri stesse a dire ai loro figli di fuggire in Europa per avere salva la vita, per sfuggire ai “faraoni” dell’era moderna, per i quali le giovani generazioni non sono risorse per il futuro ma minacce per l’ordine costituito. Giovedì 14 agosto abbiamo riportato l’editoriale pubblicato sul quotidiano “Avvenire” a firma di Luigino Bruni. Sul tema interviene oggi con un suo commento, che riportiamo di seguito, il referente di Amici dei Bambini per il progetto “Bambini in Alto Mare”, Diego Moretti. Davanti alle immagini televisive che ci mostrano i volti stremati di tanti bambini e ragazzi reduci da viaggi estenuanti, in cui più volte mettono a rischio la propria vita, non possiamo restare a guardare. Per questo, per salvare loro la vita, Ai.Bi. punta sull’accoglienza familiare. 

 

Sono rimasto colpito da queste riflessioni teologiche che mi hanno fatto subito venire in mente quello che sta succedendo ai tanti minori stranieri non accompagnati che giungono sulle nostre coste italiane. Anche oggi come allora, i “faraoni” decidono le sorti del loro popolo; accade ad esempio in Eritrea, in Siria, nei Paesi dell’Africa sub sahariana e in molti Paesi asiatici. Chi fugge, inizia un cammino di liberazione, verso un futuro migliore. Soprattutto le nuove generazioni sono viste come minacce. L’utilizzo dei social amplifica i desideri di libertà, di progresso, di emancipazione. Nei miei “contatti” facebook, vedo i loro sogni e le loro ambizioni, e comprendo che per il “faraone”, questi minori sono delle minacce al suo ordine costituito. In Eritrea ad esempio, i giovani sono obbligati ad una leva militare che ha un inizio ma non una fine, e chi non fa parte dell’esercito non può ambire a un lavoro, e quindi a un futuro.

Il ruolo salvifico delle levatrici, sempre a lottare dalla parte della vita, mi rammenta il ruolo di tante donne che, in silenzio e di nascosto, lavorano per salvare la vita dei più piccoli. A volte sono le madri stesse che dicono ai loro figli di andare in Europa, per avere salva la vita. Dopo l’uccisione di suo marito e del suo primogenito da parte di alcuni talebani, Darya ha detto a suo figlio Khaled (14 anni) di partire dall’Afghanistan per raggiungere suo zio in Germania. Nascosto dentro il vano di un grosso camion, e poi all’interno di un container, è giunto al porto di Ancona, dopo un viaggio estenuante che lo ha visto più volte in pericolo di vita. Così la madre di Mosè si affida a un cesto di papiro e alle acque del fiume Nilo, finché la compassione di una donna egiziana salva suo figlio. La compassione è il sentimento che accomuna tutte le offerte di aiuto che quotidianamente riceviamo in Amici dei Bambini per la lotta all’abbandono. Davanti alle immagini dei TG, nelle quali vengono ripresi i volti di tanti bambini che giungono sofferenti in Italia, dopo aver attraversato il deserto e il mare, in condizioni precarie, gli occhi delle donne non sono impassibili! Con il progetto “Bambini in Alto Mare”, Ai.Bi. propone l’accoglienza famigliare anche per i minori stranieri non accompagnati e per le mamme sole con bambini a carico. Si ricrea quell’alleanza informale tra famiglia di origine, costretta a lasciare che il figlio fugga dal “faraone” per avere salva la vita, una nuova vita dove la presenza di una nuova famiglia accogliente è la soluzione migliore, per la sua crescita, il suo inserimento, la sua integrazione.