La felicità? «Ridiventare mamma a cinquanta anni suonati»

CIMG1946 350Le due figlie che ballano insieme sul terrazzo, tra i vasi di fiori e gli alberi di limoni. I viaggi in macchina per raggiungere l’acqua cristallina delle coste salentine, dove tra schizzi salati e tuffi spumeggianti in quattro ci si diverte molto di più. E poi quel momento di tenerezza quando a fine giornata la più piccola della famiglia Calogiuri fa spazio alla mamma nel suo lettino, giusto il tempo di scambiarsi le ultime coccole prima di dormire.

E’ questa la felicità per Maria Rosa De Giorgi. Che a cinquant’anni non ha esitato a rimettersi in ‘pista’ per realizzare il progetto di famiglia che sognava da vent’anni a questa parte insieme a suo marito Gianvito. Quasi dieci anni fa era arrivata dal Guatemala Sofia, ma tutti e tre sentivano chela famiglia non era completa.

Finalmente pochi mesi fa a sconvolgere la quotidianità è arrivata Candy, con l’esuberanza dei suoi undici anni. Nata in Perù, la storia difficile di questa bimba aveva commosso fin dal primo istante Gianvito. Maria Rosa invece sperava in una bimba che non avesse più di otto anni. «Per poter affrontare un’adolescenza per volta» chiarisce sorridendo Maria Rosa. Poi tempo 24 ore anche lei ha abbracciato la storia di Candy e il suo destino.

Sono passati sette mesi dall’arrivo della bimba in casa. E l’assestamento della famiglia è una quotidiana battaglia. «Perché le famiglie perfette non sono quelle in cui non si discute mai, non ci si bisticcia mai, non si piange mai. No, quelle sono roba da film. Le famiglie che funzionano sono altre, quelle in cui qualsiasi cosa accada durante il giorno, si spegne prima di andare a letto». Non fa mistero, la signora Maria Rosa che certe giornate «iniziano storte dalla mattina e durano così fino a sera». Una volta è Sofia, che si fa taciturna e se ne sta tutta sola ad ascoltare per ore la sua musica. Un’altra è Candy, che prende capricci che non t’aspetti da una bimba di undici anni. Un’altra è il papà che s’infastidisce per tutto. E nemmeno lei è una santa. Anna Maria confessa che talvolta sbotta senza motivo con la sua mamma. E poi ci sta male tutto il tempo, fino a quando non la rivede.

Il bello della famiglia Calogiuri è che il racconto della loro esperienza adottiva non lo mistificano. Te lo raccontano con spontaneità, senza orpelli. E lo fanno con tutti, non a caso si sono resi disponibili ad aprire uno sportello informativo di Ai.Bi. a Lecce. A chiunque si avvicini, loro parlano della propria storia tra un caffè e… un pasticciotto. Perché il loro, è ovviamente il ‘Caffè dell’accoglienza’, in versione salentina.

Basta guardarli negli occhi e ascoltare la loro voce per capire che sono felici. Sono così felici che un po’ per provocazione, un po’ per curiosità ci si può azzardare a chiedere loro: «Va bene un’adozione. Ma perché una seconda a cinquant’anni suonati, a distanza di dieci anni dalla prima?». E la risposta è di quelle che conquistano. Maria Rosa risponde così:« Per me una famiglia non è completa senza figli. Noi non siamo ricchi e due adozioni incidono tanto nel bilancio familiare. La mia cucina sta cadendo a pezzi, ma è questione di scelte. Per me i mobili nuovi possono aspettare».

E’ talmente tanto aperta, Maria Rosa che regala all’interlocutore la libertà di sfiorare la spudoratezza. Se le si chiede: «Ma come si fa a incontrare una bimba di undici anni e sentirla figlia dal giorno in cui arriva in casa? Lei senza scomporsi racconta con la voce che si fa rotta per la commozione: «Non so cosa provi una donna incinta, non so cosa viva una mamma durante il parto. Io so solo che le mie figlie me le sento mie. Se provo a pensare in astratto, non posso immaginare nessuna figlia che non sia la mia Candy, così come accadde con Sofia». Sul futuro, Maria Rosa è tranquilla. «Per me finora l’esperienza dell’adozione è stata meravigliosa. Mi auguro che le mie figlie anche da adulte restino con noi, ma qualunque scelta faranno io le asseconderò. Sono la loro mamma. Da sempre, per sempre».