La guerra in Siria e l’affido internazionale: saranno le sfide del 2014 per le famiglie italiane?

mano-bianca-manina-nera-200Cosa potremmo fare per aiutare un bimbo siriano? E’ una domanda ricorrente tra i  frequentatori del nostro sito. L’ultimo appello arriva da una lettrice, che si firma con il nome di battesimo, Laura.

Insieme con suo marito, entrambi 56enni, vorrebbero impiegare le proprie energie per «dare un futuro e un po’ di serenità anche solo a un bambino o ragazzo di guerra e restituirlo quando possibile alla sua terra e cultura». Sarebbe –scrive- «il modo più bello di onorare Giulia», la loro figlia 20enne morta in un incidente stradale nel 2012. Laura aggiunge: «Riteniamo di voler dare in sua memoria e per la solidarietà in cui lei credeva, un aiuto concreto e diretto ad una persona con quello che faticosamente avevamo messo da parte per lei e il suo futuro». E si congeda con una sollecitazione: «Fate presto a far approvare queste leggi di affido internazionale».

La guerra civile in Siria, che va avanti da tre anni, è solo l’ultima delle emergenze che ripropone la necessità di una forma di accoglienza finora mai sperimentata,  ovvero l’affido internazionale.

Si tratta di un istituto che permette di accogliere nelle famiglie affidatarie italiane i minori dei Paesi in emergenza umanitaria. Una misura temporanea, che può trasformarsi anche in  una procedura pre-adottiva, nel caso di minori in stato di adottabilità. Il progetto di affido, ben definito nelle finalità e modalità di realizzazione, durerebbe  due anni al massimo, rinnovabile una sola volta. Durante il periodo d’accoglienza, le famiglie italiane avrebbero l’obbligo di facilitare il mantenimento dei rapporti del minore con il Paese d’origine, con la sua cultura e con la sua lingua.

In passato si era pensato a questa forma di solidarietà, per arginare la tragedia del terremoto ad Haiti che aveva trasformato in pochi secondi la vita di migliaia di bambini in un inferno. Era il 2010. Ma da allora il Parlamento italiano non ha fatto nulla per impedire di trovarsi nuovamente con le armi spuntate di fronte a nuove catastrofi.

A marzo e aprile 2013 una proposta di modifica della legge 184 del 1983 è stata depositata rispettivamente a Palazzo Madama, dal senatore Aldo Di Biagio e alla Camera, dal deputato Khalid Chaouki. Le due proposte hanno recepito il manifesto ‘Oltre la Crisi’ promosso da Ai.Bi. e sottoscritto da 15mila famiglie per rinnovare il sistema di adozione internazionale.

L’idea è di chiedere l’introduzione in Italia di alcuni dispositivi che mettano il nostro Paese in grado di reagire prontamente alle situazioni in cui i diritti dei bambini sono sotto attacco. Ma dopo essere stata assegnata alla Commissione Giustizia della Camera, la discussione non è stata mai neppure calendarizzata. Evidentemente per i politici italiani i diritti dei bambini non sono una priorità.    

Eppure l’affido internazionale, ben  regolamentato e limitato a specifici progetti di carattere familiare, umanitario, sanitario, di studio o formazione professionale, potrebbe essere la soluzione immediata per i tanti bambini siriani, vittime indifese di una guerra che gli adulti non sono riusciti a risparmiare loro. Questi bambini potrebbero vedere riconosciuto il loro diritto all’infanzia, mentre allo stato attuale possono sperare di lasciarsi alle spalle bombe, proiettili e massacri rifugiandosi al massimo in un campo profughi.

Una cosa è certa: in Italia le famiglie, formate anche da una sola persona, pronte ad accogliere minori stranieri non mancano. Lo testimoniano le 1107 adesioni che, dopo il naufragio al largo di Lampedusa, costato la vita a 366 profughi,  sono arrivate da tutt’Italia al progetto Bambini in alto mare, lanciato da Ai.Bi. Ma senza una legge che regolamenti l’affido a livello internazionale, la disponibilità di tante famiglie resta solo una buona intenzione.