La Magistratura minorile viola il diritto alla continuità degli affetti

mamma_bimba 200Pubblichiamo di seguito la lettera aperta scritta dall’ Anfaa (Associazioni Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie) riguardo al caso della bambina di due anni e mezzo, nata da una ex suora che non la riconobbe alla nascita per poi, poco più di due mesi dopo, cambiare idea. Il Tribunale pe ri Minorenni ha riassegnato la bimba alla mamma biologica. Insieme vivranno in un centro di accoglienza a Fano (Pesaro Urbino).

Con incredulità e sgomento apprendiamo da alcune testate giornalistiche che il Tribunale per i
Minorenni di Ancona ha emesso un provvedimento in cui stabilisce che non tornerà più dalla sua famiglia
affidataria la bimba nata a fine 2011 da una ex suora che, al momento della nascita, aveva deciso di avvalersi
del diritto alla segretezza del parto, salvo poi cambiare idea, dopo 73 giorni, a fronte della decisione del suo
ordine religioso di appartenenza di allontanarla. Da quel momento è cominciato un travagliato iter giudiziario
che ha portato, nel gennaio 2014, alla sconcertante sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che la
minore dovesse tornare a vivere con la donna che l’ha messa al mondo, fino ad allora per lei sconosciuta. La
bimba, nel frattempo, è stata amorevolmente accudita dalla coppia a cui il Tribunale per i Minorenni di
Ancona l’aveva affidata a fini adottivi a pochi giorni dalla sua nascita, come previsto dalla normativa vigente.
Questa Associazione, che è sempre stata al fianco della famiglia affidataria a difesa del diritto della
minore a crescere in una famiglia in grado di rispondere adeguatamente alle sue esigenze, ritiene che l’intero
procedimento sia stato caratterizzato da molteplici violazioni di norme procedurali e che vi siano aspetti
oscuri, che verranno affrontati nelle sedi opportune.
Quello che oggi vogliamo denunciare è la violazione del diritto della minore alla continuità degli
affetti da parte del Tribunale per i Minorenni, che ha di fatto anticipato, con l’ultimo provvedimento, la
conclusione della delicata fase di passaggio dalla famiglia affidataria a quella d’origine (composta dalla ex
suora, residente presso un centro d’accoglienza). L’importanza di questo diritto, ormai riconosciuto anche da
operatori e giudici minorili, è stata riaffermata con forza in un documento del Tavolo nazionale affido, cui
l’Anfaa aderisce, di cui riportiamo alcuni passaggi: “Vanno tutelati anche gli affetti sorti durante
l’affidamento, in particolare tra il minore in affido e la famiglia affidataria. Questa tutela si sostanzia
innanzitutto nell’evitare interruzioni traumatiche delle relazioni e/o passaggi ingiustificati in strutture, sia
quando si dovesse disporre l’inserimento in un’altra famiglia (affidataria o adottiva), sia quando si
decidesse per il rientro nella famiglia d’origine o in quella di parenti. (…..) Nell’attuare il cambiamento di
situazione si presterà particolare attenzione a definire le specifiche modalità di:
· preparazione affettiva e comunicazione al minore della decisione assunta ponendo particolare cura
in funzione dell’età del minore e della sua capacità di discernimento;
· trasmissione da parte della famiglia d’origine o degli affidatari di notizie e informazioni sulle
abitudini e sulle necessità specifiche del bambino;
· nella chiusura dell’affido, gradualità del passaggio tra gli affidatari e la nuova realtà, con un
incremento progressivo dei tempi di lontananza dagli affidatari, nel rispetto delle relazioni instaurate
dal bambino;
· mantenimento dei rapporti con gli affidatari, favorendo visite periodiche nel tempo che permettano al
minore di elaborare la sua storia e di non dover cancellare gli aspetti positivi che l’hanno costruita”.
Appare evidente come, nel caso in oggetto, la decisione in merito al rientro definitivo sia stata presa
in maniera intempestiva e senza alcun accordo preventivo con gli affidatari; ciò avrebbe consentito alla
coppia di informare e preparare la bimba. Nessuno meglio di coloro i quali rappresentano la sua “base
sicura”, che l’hanno accudita e amata come figlia in questi suoi primi due anni di vita, avrebbe potuto
sostenerla ed accompagnarla in questa delicatissima fase, fonte inevitabile di acuta sofferenza per lei.
Questa bimba inevitabilmente vivrà la brusca interruzione dei suoi legami affettivi primari, senza
alcuna previsione della continuità dei rapporti, come un tradimento e un abbandono da parte di chi
rappresenta per lei la sua primaria figura genitoriale.
Anche il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Ancona, Dott. Venezia,
in una recente intervista aveva dichiarato “Le difficoltà in questo passaggio sono inevitabili, perché non si
può pensare che possa essere indolore; per la bambina la madre è un’estranea. Ci dovranno essere delle
cautele”; cautele che, come emerge chiaramente dai fatti, non ci sono state.
L’Avvocato della mamma biologica, Dott. Giardini, in un’intervista pubblicata su Il Resto del
Carlino, a commento dell’ultimo provvedimento del Tribunale per i Minorenni, ha affermato « Se la
bambina potrà vedere ancora i genitori ‘adottivi’ potrà deciderlo solo la mamma. »
Riteniamo inaccettabile questa dichiarazione e auspichiamo un urgente intervento dell’Autorità
Giudiziaria minorile e del Garante per l’Infanzia, a cui peraltro già ci siamo rivolti, per far sì che al trauma
subito dalla bimba nella brusca separazione da chi l’ha amata e accudita per i primi due anni della sua vita,
non si debba aggiungere anche il trauma di dover cancellare dalla sua memoria la positiva esperienza di
affido e le persone che l’hanno accompagnata.
Riportiamo, in conclusione, uno stralcio dell’intervista al Dottor Maurizio Pincherle, neuropsichiatra
infantile, primario dell’ospedale di Macerata, autore di numerose pubblicazioni, che conosce da vicino la
vicenda, perché ha avuto modo di esaminare la bimba in questi due anni: « Qui si discute sulla pelle di una
bambina. Prima di decidere cosa fare, si sarebbero dovuti valutare attentamente i danni che lei poteva
subire. Allontanare questa bambina dalla mamma affidataria significa farla morire. (…) Si sa benissimo che
i legami di attaccamento sono importanti, e si strutturano nei primi due o tre anni di vita. Per questo la
bambina deve rimanere con i genitori che l’hanno cresciuta, con cui ha stabilito i legami.»
Donata Nova Micucci
Presidente nazionale