L’affido rinforzato non è la stepchild adoption: perché siete contrari?

Buongiorno,

sto seguendo tutta la questione relativa alla legge sulle unioni civili. Leggendo i vostri articoli, ho notato la vostra posizione nettamente contraria a quanto previsto dal disegno di legge Cirinnà. Una posizione che, personalmente, condivido solo in parte. Sono d’accordo con voi sul “no” alla stepchild adoption, perché inevitabilmente questa aprirebbe le porte al ricorso a pratiche terribili come quella dell’utero in affitto che ritengo non essere altro che una forma di sfruttamento delle donne e di compravendita di bambini, tra l’altro “costruiti” su misura. Non condivido, invece, la vostra opposizione all’ipotesi di affido rinforzato: secondo me sarebbe una buona forma di accoglienza per tanti minori in difficoltà, andrebbe incontro al desiderio di genitorialità di tante coppie non sposate e non indurrebbe queste ultime a ricorrere all’utero in affitto.

Distinti saluti,

Maddalena

 

riccardiBuongiorno Maddalena,

la proposta del cosiddetto affido rinforzato è stata inserita del dibattito sul ddl Cirinnà allo scopo di trovare un’alternativa alla stepchild adoption che, secondo noi giustamente, sta destando numerose perplessità. Con “affido rinforzato” si intende una forma di accoglienza che duri fino al compimento della maggiore età del ragazzo, senza necessità di rinnovo ogni 2 anni come avviene per l’affido classico. Il minore, una volta raggiunti i 18 anni, potrà scegliere l’adozione.

Come Amici dei Bambini, però, non possiamo condividere neppure questa proposta, perché a nostro avviso non va assolutamente nella direzione del superiore interesse del minore. Le spiego le ragioni del nostro “no”.

L’affido rinforzato si ispirerebbe a quello classico: una forma di accoglienza in cui lo status familiare del minore non viene modificato fino all’eventuale decadenza della responsabilità genitoriale dei suoi genitori biologici. La forma “rinforzata” di affido, tuttavia, non conterrebbe questi presupposti e non si proporrebbe di garantire una famiglia a un bambino temporaneamente in difficoltà nella propria con il chiaro obiettivo del rientro in quest’ultima.

Al contrario, l’affido rinforzato comporterebbe il riconoscimento giuridico dell’affido sine die, ovvero senza termini di tempo e senza un progetto di rientro del minore nella sua famiglia originaria. La proposta prevedrebbe, inoltre, che, al compimento dei 18 anni del minore, l’affido si possa trasformare in adozione. Una possibilità e non una certezza, quindi: il che costituirebbe una soluzione discriminatoria nei confronti dei bambini che non potrebbero crescere con due genitori legittimi. In  questo modo, tra l’altro, si andrebbe ad aggravare la confusione tra adozione e affido, già presente con la legge 173/2015, quella sulla continuità affettiva dei minori in affido che potrebbero essere adottati dai genitori affidatari.

L’affido rinforzato, in definitiva, sarebbe solo un altro nome dato alla stepchild adoption. Anzi, andrebbe  ulteriormente a scapito dei bambini che, non solo sarebbero privati di un papà e una mamma, ma si troverebbero anche in una situazione di eterna precarietà. Ancora una volta, quindi, saremmo di fronte a una soluzione per i desideri degli adulti e non per le necessità dei minori.

Un caro saluto,

 

Cristina Riccardi

Membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. con delega all’affido