L’Ai.Bi. propone: perché non valichiamo i confini nazionali con l’affido familiare?

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Si riporta di seguito un articolo pubblicato il 30 marzo dal settimanale cattolico d’informazione “Verona Fedele”, a firma Francesca Mauli, circa la proposta di legge per introdurre l’affido internazionale fatta da Amici dei Bambini. Intervistata sull’argomento Cristina Riccardi, responsabile del settore Affido di Ai.Bi..

 

L’idea è nata in seguito al terremoto di Haiti: migliaia di bambini rimasti improvvisamente senza casa e senza riferimenti familiari certi, feriti da traumi emotivi e fisici, con genitori dispersi o uccisi dai crolli, e la difficoltà ,da parte delle autorità, di ricostruire la loro identità, alla ricerca di qualche parente illeso disposto a prendersene cura. Nel frattempo, l’accoglienza in istituti locali, che già prima della catastrofe vigevano in condizioni precarie, peggiorate dal sovraffollamento e dalla difficile situazione locale. Perché non sostituire, quindi, agli istituti le tante famiglie, in Italia e nel mondo, disposte ad accogliere temporaneamente uno di questi minori, in attesa che i suoi legami familiari vengano ricostruiti e si trovi un nonno, uno zio, magari un genitore, a cui affidarlo?

È questa l’idea che Ai.Bi. – Amici dei Bambini, associazione attiva nella tutela dei diritti dei minori ed ente autorizzato all’adozione internazionale, porta avanti da allora, nella speranza di riuscire a veder realizzato questo sogno e a far fronte, così, alle tante emergenze internazionali – pensiamo, oggi, alla Siria, al Centrafrica, al Sud Sudan – che colpiscono in particolar modo i bambini, le loro possibilità di crescita e il loro futuro. «L’affido internazionale non è al momento attivo in alcun Paese, ma è una possibilità in cui crediamo molto» spiega Cristina Riccardi, responsabile del settore Affido di Ai.Bi..

«Alla luce del diritto di ogni minore di vivere e crescere in una famiglia, è nata la proposta di trasferire a livello internazionale quello che in Italia già dal 1984 è un dato di fatto: l’affido familiare, un’accoglienza temporanea che possa permettere al bambino di vivere all’internodi una famiglia, con delle relazioni stabili, in attesa che il nucleo d’origine superi i disagi che sta vivendo.»

Proprio l’affido nazionale, che compie quest’ anno 30 anni, con le sue regole, l’esperienza accumulata e i risultati che ha raggiunto, sarebbe il modello su cui plasmare la versione internazionale, che dovrebbe essere seguita da un’ apposita commissione, sulla base di accordi bilaterali con i vari Paesi. «La durata che ipotizziamo è di due anni, eventualmente prorogabili. Oltre alle emergenze legate a catastrofi naturali o a guerre, potrebbero essere motivo di affido internazionale problemi di salute non curabili nel proprio Paese, o esigenze educative e formative particolari» prosegue la Riccardi. «Nel rispetto dell’obiettivo finale – cioè permettere ai bambini il rientro nel proprio nucleo familiare di origine – sarebbe inoltre necessario, seppur complicato dalle distanze, mantenere il rapporto tra il minore accolto in Italia e la famiglia biologica prevedendo, dove possibile, dei rientri periodici in patria».

Un’opportunità interessante, una novità assoluta nel campo della solidarietà internazionale, che potrebbe dare sostegno a molti minori, arrivando perfino a salvarne la vita. Da un punto di vista legislativo, però, siamo ancora lontani da una sua concretizzazione. «È stata depositata una proposta di legge, che non è però ancora stata discussa» chiarisce Cristina Riccardi. «Temi come questo, purtroppo, rappresentano il fanalino di coda dell’interesse politico, soprattutto in questo momento storico, ma siamo comunque soddisfatti del fatto che la nostra proposta sia stata sostenuta e presentata, e siamo assolutamente decisi a portarla avanti con forza».