Lampedusa: un’isola a forma di famiglia

LAMPPasseggiano ancora per le vie dell’isola, t’incontrano e ti stringono la mano con gli occhi pieni di gioia, gli stessi occhi che tre mesi fa erano pieni solo di dolore e di morte. “Merry Christmas and Happy New Year”, sussurrano a quei lampedusani, che grazie alla semplice accoglienza, hanno permesso loro di allontanare dalla mente il ricordo di un giorno triste e tragico, quel 3 ottobre tremendamente sfortunato per 366 compagni partiti alla ricerca di un futuro libero e migliore. Passeggiano e non chiedono nulla a chi è già predisposto a dare.

Sono sedici ragazzi e una ragazza, appena diciottenne, che di Lampedusa conoscono ormai ogni angolo. Sono i “famosi 17” che, per ragioni giudiziarie, sono stati trattenuti dalle autorità nel centro di prima accoglienza e assistenza dell’isola, di fatto svuotato.

Fanno presto, i ragazzi, a raggiungere la casa di quell’isolano che dopo la messa li invita a condividere il momento più intimo della giornata: riuniti attorno allo stesso tavolo, condividendo lo stesso Unico Pane, formano quell’Unico Corpo, la Famiglia. A ricordo di chi hanno dovuto abbandonare e che desiderano ritrovare, di quei genitori preoccupati per i figli lontani da casa, di quei fratelli e sorelle che desiderano un giorno poter riabbracciare, di quei nipoti che sperano un giorno poter conoscere.

T., ad esempio, qui conosce proprio tutti, tanto che sull’isola ha trovato dei veri amici. Ed ecco che si affretta a lasciare il centro per raggiungere a piedi il santuario della Madonna di Porto Salvo, dove si ritrova a interpretare un personaggio dell’unico ed emozionante presepe vivente di Lampedusa. A lui è riservato il ruolo del mercante di ceramiche, gli è stato preparato un apposito costume di scena; il suo amico Lillo, invece, gli ha addirittura comprato un bell’abito da indossare al matrimonio della nipote, a cui lo ha invitato a partecipare. Così, assieme alla moglie Piera e alle figlie Eleonora e Maria, anche T. ha condiviso quel giorno di festa in famiglia. Partecipare a tutto questo, per lui, è come tornare a vivere, sebbene gli sia stato fatto divieto di ripartire, di continuare il suo viaggio e andare lontano, dove vorrebbe, per raggiungere altri amici. Deve rimanere qui, ancora non si sa per quanto, solo perché testimone di un tragico destino.

Lampedusa lascerà comunque una traccia indelebile nei cuori di ognuno di questi giovani. Quegli stessi cuori che la Santa notte di Natale si sono commossi e riempiti di felicità, quando hanno ricevuto il grande dono dell’amicizia da persone che, senza bisogno di parlare, hanno dimostrato loro quanto fosse vera, invitandoli e coinvolgendoli nella festa. In queste circostanze, le parole sono superflue: basta un saluto, una stretta di mano, un sorriso, uno sguardo, un abbraccio per accogliere con amore; basta condividere una cena in famiglia, come quella dell’ultimo dell’anno a casa di Elisa e Franco, per accogliere con gioia; basta una silenziosa preghiera e una speranza sincera per augurare loro che il 2014 sia solo un anno migliore. Proprio rinascendo e ripartendo da Lampedusa.

 

da Lampedusa Maria Veronica Policardi (Ai.Bi.)