Laura Scotti: “I nostri bambini…forse se non li hai, li ami di più”.

laura-scotti200“Io non sto fuggendo. Non sono delusa dalla vita, anzi. Se anche lui, se anche gli altri della compagnia sapessero quanto è bello essere qui. E’ incredibile quanto ogni missione possa essere più emozionante e interessante dell’altra”. A parlare è Laura Scotti, responsabile dell’Ufficio stampa di Ai.Bi., Amici dei Bambini,  ricordata oggi nella messa in suffragio di Laura, morta nei cieli del Kosovo il 12 novembre 1999. La funzione è stata celebrata da Don Maurizio Chiodi: tra i presenti anche Luigi Scotti, il papà della nostra collega.

Laura era partita per l’ennesima sua missione in nome e in difesa dei bambini che lei amava tanto: quei bambini che come lei stessa scriveva nei report “…forse se non li hai, li ami di più”. Quei bambini che le avevano ridato la gioia di vivere e un senso ai suoi giorni. Lei pubblicitaria di successo, era stanca di scrivere spot per auto, e cercava di dare senso al proprio talento. Per questo un giorno aveva deciso di mollare tutto perché sentiva dentro di sé l’impellente esigenza di cambiare vita. Darle un senso: un senso che avrebbe scoperto in Ai.Bi., nelle sue missioni per trovare ad ogni bambino abbandonato una famiglia di grado di amarlo e proteggerlo.

Laura ha lavorato 6 mesi in Ai.Bi.: 189 giorni (come il titolo del libro “I 189 giorni di Laura” scritto dalla collega Francesca Mineo) intensi e sufficienti per lasciare un segno che rimane intatto a distanza di anni nei ricordi e cuori dei suoi colleghi e anche di chi non l’ha conosciuta personalmente ma che ha imparato a stimarla sulla base dei racconti di chi ebbe la fortuna di condividerci gioie e dolori.

Dolore come quello straziante del 12 novembre del 1999 quando l’aereo nel quale viaggiava si è schiantato contro un monte del Kosovo ed è caduto su un campo minato.

Ma come canta Niccolò Fabi in “Ecco” “come i pezzi di vetro sparsi per terra tornano di nuovo vicini, risalgono l’aria, sullo scaffale riappare un bicchiere. Ecco. L’uomo vecchio con le sue rughe sta aspettando le ultime ore e un attimo prima di chiudere gli occhi sente di nuovo un vagito. Ecco. Io certo non ti lascerò mai andare. Ecco. Di certo non ti lascerò sparire.” così Laura dai lunghi capelli rossi non è mai andata via. Il suo esempio rimane davanti agli occhi di tutti nella scuola in Kosovo, a Grabovc, frequentata da centinaia di bambini e nella Casa famiglia, a Gjakova, un’ora  e mezza da Pristina, che accoglie cinque minori in difficoltà: entrambe intitolate a lei. A Laura Scotti. Mentre  sono tre gli ex bambini del 1999, ormai ragazzi, che hanno potuto studiare grazie alle borse di studio che la famiglia di Laura ha attivato.

In Laura coesistevano due passioni: quella per i bambini e della giornalista vera che deve andare sul posto, toccare con mano e vivere “da dentro” quello che si scrive, vedere con i propri occhi e sentire con le proprie orecchie. Non a caso amava ripetere “Mai mi sono sentita immersa nel mondo come da quando lavoro qui. Posso toccare la vita, la osservo da vicino, partecipo in piccolo del destino di qualcuno, dei bambini”.

E la maggiore soddisfazione non era aver fatto contento “le bizze di un pubblicitario” ma avere la pelle d’oca quando andando nei villaggi “i bambini ci vengono incontro gridando Ai.Bi. Ai.Bi….In quei momenti mi rendo conto che quello che facciamo è veramente importante”. E continua ad esserlo.

Una vera e propria scelta di vita quella di Laura: nel libro “I 189 giorni” si ricorda quello che amava ripetere «Non voglio morire vecchia: ecco perché ho scelto di lavorare per i bambini di Ai.Bi.»

Per cambiare vita e per «non morire vecchia», quindi.

«E’ un lavoro che mi affascina e mi rende felice. L’ho detto anche ieri sera alla mamma che affettuosamente mi rimproverava per averle detto che non potrò recarmi a Milano nel fine settimana, come le avevo promesso.  Ma non potevo veramente rinunciare a questa missione”.  E non lo poteva certo immaginare, quanto grande sarebbe stato il suo contributo. Il destino aveva riservato per lei: la possibilità di scrivere un pezzo di storia nel cuore d’Europa. Senza darle troppo tempo: 189 giorni appena. Non lo sapeva, ma forse se lo sentiva.  Ai bimbi kosovari, sopravvissuti alla guerra, voleva insegnare l’unico mestiere che un bambino deve imparare: giocare e ridere.