L’ente autorizzato non è responsabile se l’Adozione Internazionale non viene perfezionata

Il Tribunale di Roma, XIII Sezione civile chiarisce le responsabilità.

L’Adozione Internazionale non va a buon fine? La colpa non può ricadere sull’ente autorizzato. Lo ha definito la XIII Sezione civile del Tribunale di Roma, in composizione monocratica, con la sentenza numero 3268 del 14 febbraio 2020. Lo riporta il magazine Quotidianogiuridico.it, che spiega come i giudici abbiano “affermato che il fallimento della procedura di adozione per mancata accettazione da parte dei coniugi del minore in stato di abbandono proposto per l’abbinamento, non costituisce causa di responsabilità contrattuale o precontrattuale dell’ente o associazione incaricati”.

L’impegno assunto dall’associazione è un’obbligazione di mezzi

Il tribunale, in particolare, “osserva che l’impegno assunto dalla associazione per la gestione della procedura finalizzata all’adozione di un minore configura una obbligazione di mezzi e non di risultato, sia perché il risultato attiene al buon esito della procedura, alla sensibilità dei coniugi aspiranti genitori e del minore adottando, sia per l’affidamento alle regole procedurali di uno Stato estero e all’intervento gestorio di operatori ed autorità amministrative e giudiziarie del Paese di provenienza del minore”.

Il caso all’origine della sentenza vedeva coinvolti due coniugi che avevano rinunciato all’abbinamento loro proposto per le riscontrate patologie nel minore, avanzando una richiesta di risarcimento danni e restituzione delle somme versate.

Il contratto stipulato tra enti autorizzati e coppie è riconducibile al mandato

L’ente, per quanto emerge dalla sentenza, è tenuto a svolgere una serie di adempimenti relativi alla procedura adottiva ma non a garantire il risultato del perfezionamento dell’adozione. Esiste, cioè, una obbligazione di mezzi e non di risultato, che deriva dal tipo di contratto tra le coppie aspiranti all’adozione e l’ente autorizzato dalla CAI: si tratta infatti di un rapporto riconducibile al “mandato“, definito dal codice civile come contratto con cui una parte (l’ente) si impegna a compiere una serie di adempimenti per conto del mandante (coppie). E si tratta infatti di tutto quanto previsto nella legge 184/1983 art. 31 comma 3, in base alla divisione dei compiti tra autorità dei due Paesi, di origine e di accoglienza del bambino adottabile, prevista nella Convenzione dell’Aja del 1993.

In questo quadro sono le autorità straniere, competenti dei Paesi di origine dei bambini, a proporre i bambini adottabili per l’abbinamento con le coppie che vogliono adottare, fornendo le informazioni, anche di salute, che, anche in base alle circostanze e alla situazione di ciascun Paese, possono essere più o meno complete.

LIAN – Life in Adoption Network
Enti aderenti: Ai.Bi., Ariete Onlus, Asa Onlus, CIFA e Fondazione Patrizia Nidoli