L’inserimento scolastico di un figlio adottivo: come evitare che diventi un percorso a ostacoli?

Cara Ai.Bi.,

siamo due genitori adottivi di una bella ragazzina di 13 anni, arrivata in Italia dall’Africa quando ne aveva 6. Ora la nostra “principessa” sta per avere un fratellino: a breve, infatti,  accoglieremo un altro bambino, anch’egli africano, di 7 anni. Uno dei primi problemi che si presenteranno sarà quello dell’inserimento scolastico del nuovo arrivato. Sinceramente, abbiamo paura che il suo ingresso a scuola diventi un vero e proprio “calvario” come è successo con quella che tra poco sarà sua sorella. La nostra bambina si è trovata frequentemente piena di compiti che non aveva ancora le competenze e le conoscenze per svolgere. Alle elementari, dopo che andammo a riferire alle maestre di come nostra figlia spesso “scoppiasse”, hanno provato a cambiare approccio, ma erano visibilmente spaventate e impreparate per affrontare una tale situazione. Alle medie sta accadendo la stessa cosa. Per fare capire il suo disagio, nostra figlia è quasi costretta a delle “scenate”.  Come possiamo aiutare il nostro futuro figlio a evitare di imbattersi nelle stesse difficoltà?

Grazie,

Federica e Alessio

 

 

RITRATTO-MARCO-GRIFFINI20011Cari genitori,

c’è una buona notizia per voi! Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca è venuto incontro alle necessità di tutti i genitori adottivi che devono affrontare il problema dell’inserimento scolastico dei propri figli. Il Miur ha recentemente diramato  le “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati”. Si tratta di una serie di disposizioni mirate ad agevolare l’ambientamento dei bambini e dei ragazzi accolti in adozione, sia internazionale che nazionale, e a facilitarne il loro inserimento nella realtà della scuola, certamente ricca di difficoltà sia per i minori che per i loro genitori.

Proprio per far fronte alle necessità degli alunni adottati, in particolari quelli provenienti dall’estero, che spesso si trovano in difficoltà ad affrontare i programmi scolastici dei loro coetanei, il ministero ha varato delle misure specifiche.

Le linee guida, per esempio, permettono di inserire il minore in una classe inferiore di un anno a quella corrispondente all’età anagrafica. Questo è possibile quando sono presenti determinate problematicità, quali una carente scolarizzazione pregressa o una lingua di origine troppo diversa dall’italiano. A questo scopo, si consiglia una valutazione dell’effettivo livello di competenze neuropsicologiche e funzionali in possesso del minore. A partire da questa, è possibile conoscere le reali risorse e le eventuali difficoltà del bambino, al fine di scegliere, in accordo tra genitori e dirigente scolastico, la classe migliore in cui inserirlo.

Le linee di indirizzo, inoltre, prevedono la possibilità di affiancare all’alunno adottato un facilitatore linguistico, con esperienza nell’insegnamento dell’italiano come Lingua 2. Nel suo compito rientra la cura innanzitutto dell’alfabetizzazione comunicativa, prima ancora dello studio vero e proprio dell’italiano.

Sarà sempre presente anche un insegnante referente, adeguatamente formato sulle tematiche dell’adozione: egli è tenuto a raccogliere le informazioni utili ai fini del buon inserimento dei bambini e a collaborare con la famiglia, i docenti di classe e i servizi territoriali.

In ogni caso, il consiglio che possiamo dare ai genitori è quello di agire all’insegna della collaborazione con i docenti e dell’impegno a capire, insieme ai dirigenti e agli insegnanti, quale sia il bene del bambino.

Un caro saluto,

 

Marco Griffini

Presidente di Ai.Bi.