Lombardia, i medici cattolici: “Le vite umane da salvare per noi sono tutte uguali”

no abortoSta suscitando molte polemiche la proposta dell’Assessore lombardo alla Famiglia, Maria Cristina Cantù (Lega Nord), di rivedere i criteri di assegnazione dei fondi regionali di sostegno alla gravidanza e alla maternità Nasko e Cresco, per limitare l’accesso a essi da parte delle madri extracomunitarie rispetto a quelle lombarde. A fare sentire con forza la propria voce contraria sono soprattutto i movimenti per la vita e le associazioni cattoliche.

Tra i più determinati a dire “no” alla proposta di innalzamento a minimo 5 anni di residenza nella regione per l’accesso ai fondi, c’è Federvita Lombardia che con il suo presidente Paolo Picco afferma: “Ci sono vite umane da salvare e da aiutare. Che per noi sono tutte uguali. Senza differenze di lingua, nazionale, religione, colore della pelle. E non c’è tempo da perdere con le polemiche. Ai politici chiediamo di tenere aperti gli spazi del confronto per arrivare a soluzioni concrete e praticabili, perché l’aborto non abbia l’unica e ultima parola, quando una donna è in difficoltà economica e la vita che porta in grembo rischia di non vedere la luce”.

Federvita Lombardia riunisce 58 Centri di aiuto alla vita, i cui responsabili hanno deciso di non restare in silenzio davanti a una vicenda che coinvolge un principio non negoziabile come l’intangibile dignità di ogni vita umana. Il presidente del Cav Ambrosiano, Giuseppe Del Giudice, ha ricordato infatti come nella sua attività quotidiana si incontrino “sguardi di donne e uomini che ci rimandano sogni, desideri, speranze che sono di tutti gli uomini nati sotto lo stesso cielo”. E ammonisce: “è impensabile che a 2000 anni dalla nascita di Cristo siamo ancora portati a creare divisioni, ghetti, differenze invece di contribuire a sviluppare una cultura della solidarietà e dell’accoglienza. È impensabile mettere un’etichetta colorata su un bambino non ancora nato.

Anche i medici cattolici esprimono la loro contrarietà alla proposta dell’assessore Cantù. “Se le nuove regole passassero – avverte il presidente dell’associazione Medici cattolici di Milano Giovanni Meolasi tratterebbe di una forma di discriminazione, a cui non possiamo che essere nettamente contrari. La società attuale è multietnica e per questo il ruolo dei medici deve essere quello di fare da ponte tra una cultura e un’altra”. Gli fa eco Giuseppe De Felice, presidente del Centro ambrosiano di aiuto alla vita, che considera impensabile che ancora oggi si vogliano creare divisioni e differenze. “La maternità è un’esperienza trasversale – afferma –: non si può chiudere la porta a un bambino che sta nascendo”.

Nel frattempo il governatore lombardo Roberto Maroni difende la proposta: “L’assessore Cantù – dice Maroni – ha parlato a nome della giunta e quindi quello che ha detto lo ha deciso la giunta”. Peccato per lui che all’interno della stessa giunta non manchino voci nettamente discordanti. L’assessore alle Attività Produttive Mario Melazzini, del Nuovo Centro Destra, esprime infatti grosse perplessità sull’iniziativa leghista: “è significativo e importante – dichiara Melazzini – che si continui a tutelare il diritto alla vita e alla maternità e lo si faccia proseguendo attraverso il sostegno al fondo Nasko”.

Federvita, da parte sua, propone una mediazione: “Vorremmo che la soglia per l’accesso ai fondi restasse un anno di residenza – spiega Picco –. Al limite si arrivi a 2 anni. In questo caso, sulla base dei dati storici, rimarrebbe escluso solo il 5% delle donne che oggi ricevono aiuto”.

 

Fonti: Avvenire, la Repubblica (5 marzo 2014)