L’ossessione degli adottati: conoscere le loro radici

La scorsa settimana si è tenuto a Parigi, organizzato dall’associazione Radici coreane, un primo convegno di figli adottivi coreani provenienti da tutto il mondo. La Corea del Sud è stato il paese che negli anni ‘70-’80 ha favorito il maggior numero di adozioni internazionali: 200mila nel mondo, 15mila nella sola Francia.

Di che cosa si è trattato? Non è difficile immaginarlo: dell’abbandono, ma ancor più delle radici. Uno dei partecipanti ha affermato: “Il problema non è essere adottati, ma essere stati abbandonati”. “Interrogarmi sulle mie origini – ha affermato un altro partecipante – è diventata per me un’autentica ossessione”.

Tempo fa leggevo il tema di una ragazza di 12 anni, adottata da una coppia di italiani all’età di due anni. La traccia del tema era: ‘Parla dei tuoi desideri’. Al secondo posto c’era il desiderio di tornare in Ucraina per cercare e trovare la sua “mamma vera”. la giovane non ha usato la più corretta definizione di “madre biologica”. La ragazza non faceva che ripetere che voleva tanto bene ai suoi genitori adottivi, che non li avrebbe mai abbandonati, che quelli ormai erano i suoi genitori. ma quali sono le ragioni di un simile desiderio? Non è facile rispondere ma forse si può pensare che una tale ricerca non abbia altro scopo che quello di arrivare finalmente a porre una sola grande domanda: perché mi hai abbandonato? Che cosa c’era in me che non andava, che ha impedito di essere voluta, scelta, accolta, non tanto nella vita biologica ma all’interno dell’universo simbolico del parente?

Ecco perché la ragazza, sbagliando ma in un certo senso anche dicendo la verità, ha utilizzato l’espressione “madre vera” e non “madre biologica”; infatti mentre nella vita ci si trova ad essere “gettati”, nell’essere figlio si può solo essere accolti e talvolta non lo si è. Il “perché mi hai abbandonato?” interroga il simbolico e non il biologico.

Ma quella ragazzina, senza saperlo, dicendo qualcosa di vero si è anche sbagliata poiché la mamma adottiva non è affatto una “mamma falsa”. Un altro partecipante al convegno ha raccontato che, partendo alla ricerca delle proprie origini, è stato salutato dalla madre adottiva così: “Ricordati che io sono tua madre più dell’altra”. Anche lei temeva di “essere abbandonata”. Il figlio l’ha confortata: “Non ti preoccupare, questo non accadrà mai”.

(Da l’Avvenire, Silvano Petrosino, 9 luglio 2012)