Luca e Laura (Famiglie per l’Accoglienza): “La nostra casa famiglia, esempio contagioso di vocazione all’accoglienza”

casa-famiglia-liguria“Perché voi vi prendete cura di noi?” E’ una domanda ricorrente a casa di Laura e Luca, due coniugi genovesi che vivono ogni giorno la loro vocazione all’accoglienza. Tanto da non fermarsi al “semplice” affido, e neppure alla casa famiglia. Insieme ad altre coppie, “pronte a stupirsi ogni giorno di quello che il Signore fa capitare loro”, hanno costituito una vera e propria comunità di famiglie. Che ospita non solo minori allontanati temporaneamente dai propri genitori, ma anche mamme in difficoltà con figli. E sono proprio queste mamme che a volte si stupiscono del calore e dell’affetto che viene donato a loro e ai loro piccoli, tanto da chiederne quasi una spiegazione. Laura e Luca hanno raccontato la propria esperienza nel corso dell’incontro “Accogliere in casa famiglia” che si è tenuto a Gabicce Mare martedì 25 agosto, durante la seconda giornata della XXIV Settimana di formazione e studi di Amici dei Bambini e della comunità “La Pietra Scartata”. Un incontro in cui 3 coppie che gestiscono altrettante case famiglia per le associazioni Ai.Bi., Papa Giovanni XXIII e Famiglie per l’Accoglienza hanno avuto modo di presentarsi e confrontarsi sulla propria vocazione ad aprire le porte ai bambini in difficoltà.

Laura e Luca fanno parte di Famiglie per l’Accoglienza e definiscono “contagiosa” la loro vocazione. “Alcune coppie di nostri conoscenti – ricordano – sono rimaste sorprese dalla bellezza delle nostre prime esperienze di affido. Hanno visto in particolare che, grazie all’accoglienza, migliorava il rapporto tra noi e due e tra noi e i nostri figli affidatari che si succedevano via via in casa nostra. Così hanno voluto seguire il nostro esempio. Abbiamo cercato un posto dove andare a vivere insieme questa vocazione, vivendo il nostro rapporto in modo sempre più stretto. Grazie all’incontro con la madre superiora di un istituto religioso è nata la casa famiglia, che oggi comprende anche due monolocali per nuclei mamma-bambino”. E pensare che il loro primo “sì” all’accoglienza è nato in modo quasi inconsapevole. Già genitori biologici di un figlio, a Laura e Luca fu chiesto di accettare l’affido di un altro minore per 6 o 7 mesi. Così entrò in casa loro quel bambino che, dopo diverse vicissitudini, all’età di 13 anni è diventato il loro figlio adottivo. Ma i coniugi genovesi non si sono fermati e hanno fatto dell’accoglienza la loro ragione di vita.

La casa famiglia che gestiscono ha un nome davvero speciale: Fontana Vivace.”E’ tratto da un verso della Divina Commedia– spiega Laura -. In un verso dell’ultimo Canto del Paradiso, quello dedicato alla Madonna, Dante si rivolge a Maria dicendole: ‘Tu sei di speranza fontana vivace’. La nostra casa famiglia vuole essere fontana vivace di speranza per tanti bambini in difficoltà”.

Quello stesso XXXIII Canto del Paradiso che inizia con una serie di apparenti e stupende contraddizioni: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio”. Così come una stupenda “contraddizione” è l’essere genitori di un figlio altrui. “Accogliere per poco – spiega Luca – è come accogliere per sempre. Perché il bambino, rimasto privo di dignità filiale, si sente finalmente trattato come figlio e questa esperienza lo segnerà per sempre, anche dopo la fine del periodo di affido. E a noi genitori resta in eterno il dono che quel figlio ha rappresentato, anche se per poco. Accogliere la diversità di una persona ‘esterna’ ti insegna ad accogliere la diversità di chiunque, a cominciare da quella del proprio coniuge. Se fino a quel momento immagini di poter fare un progetto con lui o lei, quasi ‘ingabbiandolo’, l’esperienza dell’affido ti insegna a rompere questa gabbia  e rafforza il rapporto di amore all’interno di una famiglia”.