Luciana Littizzetto e l’affido dei figli a Domenica In: “Così sono diventata mamma di botto!”

Luciana Littizzetto torna a parlare dei suoi due figli in affido.

La comica e presentatrice torinese è infatti intervenuta ieri, domenica 7 giugno, alla trasmissione Domenica In, condotta da Mara Venier, raccontando, tra una battuta e l’altra, la propria esperienza come genitrice affidataria. Un’esperienza nata grazie, come ha voluto raccontare la stessa Littizzetto, a una giornata trascorsa a casa di Maria De Filippi. La collega, moglie del noto presentatore Maurizio Costanzo, era all’epoca alle prese con le pratiche per l’adozione di un minore. Così la comica entrò in contatto con il mondo dell’affido famigliare e, insieme all’ex compagno Davide Graziano, accolse nella propria famiglia due ragazzi albanesi, Jordan e Vanessa, di 9 e 11 anni rispettivamente. Oggi quelli che sono ormai diventati i “suoi” figli hanno quasi 20 anni. Jordan è un social media manager, mentre Vanessa è appassionata di viaggi e, durante il collegamento, ha fatto incursione in video per salutare la Venirer.

“Quando sono arrivati qui – ha detto la Littizzetto dei due ragazzi – erano già abbastanza grandicelli. Avevano ferite belle vive e ancora oggi sono molte, ci sono ferite che non si sono chiuse. In casi come questi bisogna adattarsi, modularsi, andare avanti e amare come si sa fare. È stato difficilissimo perché con i figli naturali una donna impara gradualmente a diventare mamma. Con l’affido o l’adozione si diventa mamma di botto”.All’inizio non è facile: tu non sei preparata e non lo sono loro, vanno in una casa che non conoscono, in comunità non hanno spazi esclusivi – aveva spiegato in una precente ospitata televisiva (da Raffaella Carrà) la Littizzetto parlando dei due bambini che ha accolto – I ragazzi in affido si fidano poco, hanno le spine, si rischia di farsi male entrambi. Poi, col tempo, non sai quanto ce ne vorrà, le incomprensioni si superano. I genitori di Vanessa e Jordan hanno perso la patria potestà, ce l’ha il comune di Torino. Io ho la tutela: se vorranno a diciotto anni potranno aggiungere al loro cognome il mio”.

Luciana Littizzetto e l’affido: nonostante la nota testimonial il settore ha bisogno di un rilancio

L’affido famigliare, in Italia, attraversa, nonostante la presenza di “testimonial” più o meno celebri, una fase particolare. E non solo in virtù degli scandali che hanno infangato un settore importantissimo per il mondo della solidarietà. Dei tanti minori che ogni anno finiscono fuori famiglia, infatti, è recentemente emerso che solo una esigua minoranza (più o meno il 20%) finisce in affido famigliare. Secondo gli ultimi dati del Ministero della Giustizia, resi disponibili dall’aprile del 2020, nell’anno 2018 sono infatti stati 380 i provvedimenti di affidamento familiare pronunciati dai Tribunali per i minorenni italiani mentre sono stati 1.623 i provvedimenti di affidamento a comunità o istituti, numeri che cozzano con quanto prevede la legge, per cui, in base all’articolo 2 commi 1 e 2 della legge 184/1983, ove è previsto che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo“, sia “affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola” (comma 1) e che solo “ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato”.

L’affido famigliare in Italia è una pratica minoritaria per i bambini fuori famiglia. Riccardi (Ai.Bi.): “Per il rilancio coinvolgere il privato sociale accreditato”

Secondo Cristina Riccardi, vicepresidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, per un rilancio efficace dell’affido famigliare “occorre, oggi più che mai, un coinvolgimento delle realtà del privato sociale accreditato nella gestione degli affidi. In particolare tali realtà dovrebbero essere coinvolte per svolgere parte o tutte le parti di un progetto d’affido”.