Ma il sistema va ripensato

Lorenzo_Sani 200Non è stato il Congo a cambiare le carte in tavola nella vicenda che si è sbloccata. In almeno tre occasioni siamo stati noi occidentali a giocare sporco, costringendo il Paese africano a chiudersi in difesa a tutela dei propri figli. Da questo caso, che non è ancora risolto per sette famiglie italiane, emerge però ancora una volta ehe il sistema delle adozioni internazionali in Italia è gravemente malato. Andrebbe ripensato di sana pianta e la cosa era molto chiara già all’inizio, quando il sistema è nato. Gli elementi di fragilità, che hanno mortificato soprattutto il diritto alla giustizia dei bambini, erano prevedibili, eppure si è sempre preferito non vedere. Troppi 66 enti accreditati, troppo scarsi i controlli: la somma dei due aspetti crea disomogeneità che rischiano di tradursi in pericolose distorsioni, quando non addirittura a commerci inaccettabili. Chi non può dimostrare di essere un modello di etica e trasparenza non deve sporcarsi le mani con le adozioni. Marco Grifftni lo sostiene da tempo. E’ il presidente di Ai.Bi., uno dei 66 enti.

La sua denuncia dall’interno del sistema non può cadere nell’indifferenza. La Commissione è riluttante a fornire i dati. Peccato. La trasparenza non è mai sintomo di sconfitta, anche di fronte a cifre impietose: nei primi mesi dell’anno le adozioni internazionali sarebbero infatti calate del 30°%. Dalle 6000 famiglie che nel 2006 ne avevano fatto richiesta, siamo alle 2800 dell’anno scorso: scappano perché è un percorso a ostacoli. Quello che dovrebbe essere visto come un atto di giustizia nei confronti del bambino, passa spesso per l’egoismo di una coppia che non è vista come risorsa, ma quasi con sospetto. Invece di essere presa per mano e accompagnata in un percorso impegnativo, ma bellissimo, viene vessata, frustrata, demotivata, indotta a gettare la spugna. Siamo l’unico Paese europeo che ha un tribunale per i minori. Chiediamoci perché. La riforma delle adozioni internazionali è un cavallo di battaglia di Renzi dalle primarie. Che avesse tenuto per sé la delega è stato letto in positivo. Presidente della Commissione è sempre stato un ministro, un sottosegretario, mai il premier. Poi ha abdicato in favore del suo vice, Silvia Della Monica, magistrato. E per la prima volta l’incarico è uscito dal governo.