Madri surrogate, quelle incubatrici di figli sotto contratto

utero in affittoCome si affitta una madre? Oltre ad essere controversa, quella dell’utero in affitto è una pratica basata su contratti molto precisi che definiscono in modo rigoroso i doveri delle donne che si impegnano a portare avanti una gravidanza a pagamento. In rete si trovano facilmente i modelli utilizzati in alcuni Paesi occidentali come Canada e Gran Bretagna, o in Stati Usa come la California. Per i Paesi terzi, invece, li conosciamo per lo più dalle ong che si occupano dei diritti (mancati) delle donne, le quali spesso acconsentono a testi che non sono in grado neppure di leggere.

I contratti regolano gli obblighi della madre surrogata, un vero e proprio incubatore umano a cui vengono pagate tutte le spese mediche e correlate alla gravidanza, compresi i compensi più o meno espliciti, solo se si attiene strettamente ai comportamenti specificati nel testo sottoscritto. E se il bambino non viene alla luce secondo i canoni prefigurati dai genitori “locatari”? Nel caso di malformazioni e handicap del feto, la decisione di abortire spetta solamente alla coppia committente, o solo al padre genetico se la surrogata ha fornito il proprio ovocita. Se la madre surrogata si rifiuta, il contratto è violato e non ci sono più obblighi reciproci, se non quello della gestante di restituire le somme già ricevute per portare avanti la gravidanza fino a quel punto.

A volte si disciplina nel dettaglio cosa accade se invece la malformazione è scoperta troppo tardi, quando non è più possibile abortire, o addirittura alla nascita. In questi casi la coppia committente si impegna a pagare tutte le spese finché il neonato non è dato in adozione, il che, concretamente, spesso equivale al suo abbandono in strutture apposite. Se però si stabilisce che l’handicap del bambino è stato causato da comportamenti inadeguati della madre surrogata, sarà questa a doversene assumere la responsabilità, oltre a restituire tutti i soldi ricevuti in gravidanza. 

I contratti, infatti, prevedono oltre all’obbligo degli esami clinici, rigorosi stili di vita: niente fumo, anche passivo, niente alcol, niente droghe o farmaci al di fuori della prescrizione medica, ma anche divieto di mettere su chili di troppo rispetto al peso considerato opportuno dal medico, divieto di bere più di una tazza di caffè al giorno, divieto di trasportare o cambiare la lettiera del gatto, divieto di fare uso di dolcificanti, divieto di stare in prossimità di qualunque sostanza spray, dalla lacca per capelli ai pesticidi, e via dicendo. È chiaro che, in caso di nato malformato o con altri problemi di salute, non sarà difficile trovare un pretesto per darne la responsabilità alla madre surrogata.

 

Fonte: (Avvenire)