Marco Griffini (Ai.Bi.) a Vita: “Chiediamo che l’abbandono venga dichiarato un abuso”

Il presidente di Amici dei Bambini: “UNICEF non fa indagini sui care leaver, ma nove su 10 di loro vivono veri e propri drammi”

La giornata di mercoledì 20 novembre marcava il trentennale della Convenzione ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Una ricorrenza da celebrare, certo, ma in modo riflessivo. E così il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, realtà che da trent’anni lotta contro l’abbandono minorile in Italia e nel mondo, Marco Griffini, ha provato a tirare le somme in un’intervista a Vita.

Somme che sono positive, ma non del tutto. “30 anni di diritti, bene – ha detto – ma ne manca uno fondamentale: il diritto alla famiglia. Se si va a leggerli uno per uno non c’è il diritto di un minore di crescere in un ambito familiare e io aggiungerei anche che un bambino ha diritto di crescere con un padre e una madre”. Un diritto che “non c’è per i Paesi che chiudono all’adozione internazionale il dovere comunque di trovare una famiglia ai bambini abbandonati. Per me questa è una carenza”.

L’abbandono, per il presidente di Ai.Bi., è una emergenza umanitaria vera e propria. “accanto a denutrizione, salute e guerra. Di abbandono si muore. Non in senso figurato. Perché parecchi, per fare un esempio, sono i “care leaver”, cioè i ragazzi che lasciano l’istituto soltanto raggiunta la maggiore età, che finiscono per perdersi nella droga e nella depressione.

Eppure il rapporto sull’abbandono “è l’unico rapporto che UNICEF non abbia mai stilato. Hanno monitorato tutto, tranne questo: al punto che non sappiamo quanti siano i minori abbandonati, che sono in un istituto. Inoltre l’UNICEF non ha mai spinto a definire l’adozione internazionale come uno strumento di protezione per i minori: di conseguenza i Paesi che chiudono le adozioni internazionali non hanno alcuna sanzione. Penso ad esempio a Etiopia, Kenya, Romania, mi chiedo come fai a privare un bambino della possibilità di avere una casa. E non mi risulta che questi bimbi vengano adottati all’interno del loro Paese”.

E, proprio a proposito dei care leaver, spiega Griffini “quando a 18 anni – questo accade in tutto il mondo – escono dagli istituti, è una tragedia. L’UNICEF non fa indagini, ma noi nel nostro piccolo abbiamo potuto vedere come in Marocco come in Russia o in Brasile nove su 10 di loro vivono dei veri e propri drammi”.

Guardando ai prossimi 30 anni, “chiediamo che l’abbandono venga dichiarato un vero e proprio abuso: se tu Stato non trovi una famiglia a un bambino abbandonato, questo è un abuso”. Per Griffini si tratta di un problema culturale dal momento che l’assistenza in sé non risolve il problema dell’abbandono: “meglio una famiglia sgarrupata che il nulla”.

Un’altra delle battaglie di Ai.Bi. è l’avvocato del minore, “gli out of family children dovrebbero avere diritto a un avvocato. Secondo noi nel momento in cui lo Stato lascia un minore fuori famiglia, quello ha diritto a un avvocato. Si è combattuto per il diritto all’ascolto, ma manca quello alla difesa per il minore fuori famiglia. Un avvocato che faccia anche valere il diritto al risarcimento del danno subito”.

Nonostante la flessione, tremenda, delle adozioni internazionali, la speranza di Griffini è che ci possa essere una ripresa. “La nostra speranza è che si rimetta in funzione tutta la macchina organizzativa e che si ritorni agli anni passati quando il nostro era il Paese che firmava più accordi bilaterali in tema di adozioni internazionali. Negli ultimi anni le delegazioni internazionali non venivano nemmeno perché non avevano degli interlocutori. Ora spero che la ministra Bonetti lavori in questa direzione, noi l’aspettiamo”.