Marocco: Nell’orfanotrofio di Casablanca ogni giorno il pane è fresco

PANEGiovedì 14 marzo, Ai.Bi. ha presentato il suo progetto “Hata ana mawjoud. Ci sono anch’io”, iniziato ad aprile del 2011 presso l’istituto Sidi Bernoussi a Casablanca, e ne ha mostrato i frutti, anzi i pani. Già, perché si trattava di un progetto di inserimento lavorativo finalizzato a inserire socialmente e professionalmente i giovani care leavers del centro, attraverso l’apertura di un forno/panificio, “La Panetteria dei Fratelli Amici”, gestita dai ragazzi stessi.

“Questo progetto è importante perché si occupa di prevenzione e di interventi in uno dei paesi più importanti del bacino del Mediterraneo. È un progetto che ci aiuta a vivere una corresponsabilità che è legata alle azioni delle istituzioni e della società civile. L’amministrazione del Comune di Milano sostiene la cooperazione decentrata perché è importante creare relazioni fra noi e comunità locale del luogo in cui si opera. Dobbiamo farci carico del futuro dei giovani, di qualunque origine siano. Il progetto di Ai.Bi. evidenzia quanto sia importante il rapporto tra Marocco ed Italia per creare anche opportunità di lavoro, oltre che di ponti culturali. Bisogna farsi carico dei giovani che vivono negli istituti per creare percorsi di autonomia. Crediamo molto in questa iniziativa e la sosteniamo. Il Mediterraneo è uno: non è poi così grande e il Marocco non è poi così lontano”. A dirlo è Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e coesione sociale, Polizia locale, Protezione civile, Volontariato, del Comune di Milano.

A presenziare il convegno era presenta anche Bruna Bellini della Fondazione Cariplo che ha cofinanziato il progetto: “parlare dei risultati della cooperazione internazionale è un’occasione di incontro e di scambio molto importante per vedere le criticità ma anche le cose che hanno funzionato del progetto e per poi delineare meglio le strategie future. Prima consideravamo prioritario lo sviluppo economico dei paesi in cui finanziavamo progetti, ora invece ci siamo resi conto che la cosa più importante è lo sviluppo di impresa sociale e il concetto di co-sviluppo”.

Il direttore dell’orfanotrofio SIDI Bernoussi di Casablanca, El Hamri Driss, ci ha raccontato le condizioni dell’infanzia nell’istituto marocchino. “Abbiamo 260 fra bambini, ragazzini e giovani maggiorenni. Arrivano dai 6 anni in poi, perché quella è l’età della scolarizzazione. Il nostro istituto non è solo un centro di accoglienza ma è anche un centro di formazione ed educazione. Sono tutti maschi, perché le famiglie adottive o affidatarie preferiscono le femmine. E questo per i maschietti rappresenta un secondo shock, dopo quello di essere stati abbandonati dai propri genitori biologici. Sono costretti a separarsi dalle proprie sorelline, chiedendosi come mai loro trovino una famiglia e loro invece restino sempre lì. Inoltre l’ingresso all’orfanotrofio di Sidi Bernoussi rappresenta a volte un ennesimo trauma, perché i bambini abbandonati in età prescolare vengono da altri istituti dove sono cresciuti da quando avevano pochi mesi di vita fino ai 6 anni, momento del trasferimento da noi. Da parte nostra c’è una presa in carico totale di questi bambini, che non sono figli nostri ma sono figli del mondo. Ci occupiamo della scuola, dell’abbigliamento, dell’alimentazione… 24 ore su 24. Il nostro istituto si basa su 3 pilastri: il sostegno scolastico con varie attività extra curriculari; l’accompagnamento dei giovani per evitare percorsi di delinquenza; l’inserimento socio-professionale. Molti ci chiedono perché teniamo i ragazzi anche dopo il compimento dei loro 18 anni. Rispondo: dove li dobbiamo mettere? Per strada? Oltre a noi non hanno nessuno là fuori, nel mondo. Siamo la loro unica famiglia.

Per la nostra struttura lavorano circa 80 persone, fra queste abbiamo responsabili pedagogici, educatori, assistenti sociali, infermieri, cuochi. Abbiamo anche molti volontari. Crediamo che sia molto importante il sostegno psicologico ai ragazzi perché hanno subito molti traumi. La cosa in assoluto più complicata per i ragazzi e per noi è il momento in cui devono lasciare l’istituto perché è difficile porre le basi per una loro vita indipendente.

Oltre al direttore, la delegazione marocchina includeva il responsabile pedagogico dell’orfanotrofio SIDI Bernoussi, Hafdane Driss, che ha fatto delle brevi considerazioni sulle problematiche dei care leavers ed i risvolti concreti di progetto: “l’inserimento lavorativo dei nostri ragazzi è una delle attività più importanti dell’orfanotrofio. Aiutiamo i maggiorenni a scrivere il proprio cv, li spingiamo a imparare le lingue, e i cosiddetti “life skills”, li prepariamo al colloquio di lavoro e sollecitiamo le imprese a prendere in considerazione i loro profili, per dar loro una chance di avere una vita autonoma”.