Maternità surrogata e genitorialità: il no della Consulta. Ora il Parlamento legiferi per tutelare i minori

La maternità surrogata resta comunque reato per l’Italia. La necessità di tutelare chi è già nato non può condurre alla previsione di canali che incitino le persone a commettere reati confidando nel fatto che poi ci potrà essere una sanatoria.

Occorre che il Parlamento legiferi per offrire tutele ai bambini nati all’estero con la tecnica della maternità surrogata e della fecondazione eterologa. Così sottolineano i giudici della Corte Costituzionale dopo aver ritenuto inammissibili due differenti questioni di legittimità legate da uno stesso filo: il riconoscimento in Italia della genitorialità di persone dello stesso sesso che avevano fatto ricorso a tali tecniche.

Le vicende

La prima questione sottoposta al giudizio della Corte, riguardava una coppia formata da due donne che dieci anni fa erano ricorse all’estero alla fecondazione eterologa, dalla quale erano nate due bambine. La relazione tra le due si era poi interrotta. Le minori erano state riconosciute figlie solo della donna che le aveva partorite e quando la ex, per sanare tale situazione aveva chiesto la possibilità di adottarle ricorrendo alla formula “casi particolari”, la madre delle bambine aveva negato il proprio consenso.

La seconda vicenda portata all’attenzione dei giudici riguardava invece una coppia composta da due uomini che erano ricorsi alla maternità surrogata in Canada. In Italia, solo l’uomo legato biologicamente al piccolo era stato riconosciuto come padre. Il compagno, cosiddetto “padre intenzionale” no.

Le osservazioni di Ai.Bi.

In merito a questa seconda vicenda, in particolare, Ai.Bi. assieme ad altre associazioni, era stata ammessa dal Presidente della Corte Costituzionale a presentare le proprie opinioni nel corso del procedimento.

Ai.Bi. aveva sostenuto che:
· il fatto che la maternità surrogata in Italia sia un reato non è un fatto contrario alla tutela dei bambini ma anzi la realizza perché prestare l’utero ad altri viola il primo dei diritti dei bambini, quello di crescere con i propri genitori biologici ed è chiaro che pratiche di questo tipo consentono la nascita di bambini destinati sin dall’inizio ad essere allontanati da uno o entrambi i genitori;

· anche se la genitorialità biologica non è l’unica prevista come legittima in Italia, è tuttavia vietato che le persone dispongano dei rapporti familiari tramite accordi privati e infatti la genitorialità alternativa alla famiglia naturale è basata su presupposti diversi dalla volontà delle parti e sulle garanzie di procedimenti previsti per tutelare i figli e i diritti delle persone coinvolte;

· nell’adozione, per esempio, l’abbandono del bambino viene accertato prima e separatamente, dalle autorità pubbliche, mentre d’altra parte i genitori adottivi vengono formati e valutati e non c’è alcuna ragione per cui una “presunzione di idoneità”, che esiste – fino a prova contraria – per i genitori biologici, debba essere estesa ad altri casi senza alcuna garanzia per i bambini stessi.

· anche se per la crescita dei bambini occorre un ambiente familiare idoneo ed è indifferentemente che si tratti di quello di origine o di uno alternativo, entrambi compatibili con il diritto dei bambini allo sviluppo e al raggiungimento del loro pieno equilibrio psicofisico, negli ultimi anni, è stato reso noto dalla stessa Corte Costituzionale come la consapevolezza delle origini e l’immagine sociale siano componenti identitarie di ogni persona, e sotto questo aspetto – organizzare in via generalizzata l’ordine sociale creando bambini sulla base di queste pratiche, significa violare in via sistematica il diritto dei nascituri (e in definitiva della specie umana)  allo sviluppo psicofisico ottimale (cfr. Preambolo CRC);

· non esiste un diritto di essere genitori a tutti i costi.

La decisione della Corte

Entrambe le questioni sono state considerate dalla Corte inammissibili in base alle leggi vigenti ma allo stesso tempo, la Consulta ha riconosciuto come nel nostro Paese non sussista una legge che assicuri piena tutela agli interessi di questi piccoli, lanciando un monito al Parlamento di legiferare al più presto per colmare questo vuoto giuridico.

In attesa di conoscere nel dettaglio le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, di cui si attende la pubblicazione, si osserva sin d’ora come la pratica della gestazione per conto di terzi resti comunque un reato per l’Italia e come essa, in tutti i casi, ponga seri dubbi di compatibilità con il reale concetto giuridico di interesse dei minori. D’altra parte la necessità di proteggere chi è già nato non può condurre alla previsione di canali che incitino le persone a disporre del proprio corpo e a negoziare i rapporti familiari confidando nel fatto che in seguito potrà esserci una sanatoria.