Mediterraneo. L’Onu conferma: “possibili 500 vittime nell’ultimo naufragio”. Quanti saranno tra loro i minori senza nome?

Lampedusa-naufragio-400 286Era partito dai dintorni di Tobruk, in Libia, diretto verso l’Italia, il barcone che domenica 17 aprile, a causa dell’eccessivo carico umano è affondato.

I superstiti, originari di Somalia, Sudan ed Etiopia, sono 37 uomini, 3 donne e un bambino di tre anni. Tratti in salvo da un mercantile sono stati portati a Kalamata, nel Peloponneso: 41 in tutto, pochissimi rispetto a quanti erano partiti. L’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) conferma la possibilità che oltre 500 persone siano affogate in mare. E questo è solo il bollettino dell’ultima, l’ennesima, tragedia della migrazione a pochi chilometri da casa nostra.

Il Mediterraneo, infatti, non è solo un temibile ”nemico” per chi fugge, ma anche un “tappeto” di  corpi non identificati. Come se non fossero mai esistiti, come se i loro parenti non meritassero di avere una risposta, giacciono lì, nell’anonimato.

Rispetto etico dei corpi, ricostruire il tessuto tra i vivi e i morti e facilitare il ricongiungimento dei piccoli sopravvissuti. Sono  questi motivi per cui i tecnici del Labanof, il Laboratorio di antropologia e odontologia forense della Sezione di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Milano, che ha ricevuto il mandato dal Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, stanno lavorando per dare un’identità ai profughi morti nel Mediterraneo. Tra questi  ci sono ancora 40 minori.

“Da anni lavoriamo con i bambini soli che sono sopravvissuti a questi viaggi terribili. Ma siamo convinti che il nostro impegno non si debba fermare qui – spiega Federica Giannotta, referente della organizzazione non governativa che sta finanziando in parte il lavoro del Labanof: “Per noi è eticamente importante dare un nome a queste piccole vittime” – continua Giannotta –.

Il naufragio del 17 aprile porta a quasi 800 il numero dei migranti morti dall’inizio dell’anno lungo la rotta centrale del Mediterraneo. Altri 380 hanno perso la vita lungo la rotta orientale, tra Turchia e Grecia, e altri cinque su quella tra Marocco e Spagna. Cifre che fanno rabbrividire se si considera che  complessivamente i morti, tra adulti e bambini, sono oltre mille nei primi 4 mesi del 2016. Come oltre 1000 sono le vittime delle tre precedenti tragedie del mare più eclatanti: quella 18 aprile del 2015 (6-700 morti), del 3 ottobre 2013 davanti all’isola di Lampedusa (366 morti accertati e 22 dispersi) e dell’11 ottobre dello stesso anno (260 morti).

Per cercare di limitare questo “bollettino di guerra”, Amici dei Bambini sta cercando di aiutare la popolazione siriana che troppo spesso offre il suo tributo al triste bilancio delle vittime del mare. Contribuendo alla campagna di sostegno a distanza in Siria Io non voglio andare via, si potrà supportare Ai.Bi. nel garantire a più di 12mila persone il diritto di sentirsi a casa nel proprio Paese. In questo modo i bambini siriani e le loro famiglie non saranno costretti a lasciare la loro terra.