Moldova: la casa Mario

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione di Tatiana Cocias, nostra operatrice per il sostegno a distanza in Moldova.

L’auto corre sulla strada che da Chisinau conduce a Falesti. L’aria della mattina porta con sé il freddo pungente e il buio vero dei villaggi che ancora non hanno la corrente elettrica. Siamo andati la mattina presto per riuscire ad arrivare in pomeriggio nel villaggio di Pruteni sito al confine della Moldova con la Romania. È lì che che si trova la Casa Mario, costituitasi con il generoso sostegno di uno dei nostri sostenitori.

Un percorso pieno di buche, lastre di ghiaccio che lentamente si sciolgono, curve e ostacoli che chi soffre il mal d’auto fa fatica a reggere. L’auto continua il suo viaggio tra le campagne spoglie che aspettano di rinascere ai primi raggi dell’ancora pallido sole di inizio giornata. Penso ai quattro bambini accolti nella casa, che finalmente vado a conoscere di persona. Mi tornano in mente i loro volti che già so a memoria e cerco di trovare nella mia mente, per ciascuno di loro un approccio particolare e contando anche sui regali che abbiamo comprato la sera prima.

Siamo arrivati verso le 14.00, tempo in cui, di solito i più grandi preparano i compiti per il giorno dopo, mentre i più piccoli si lasciano convinti a fatica da mamma e papà per fare il pisolino pomeridiano. Difficile missione sia per i primi, che per i secondi soprattutto quando sanno che tra un istante e l’altro dovrebbero arrivare gli ospiti…

Non appena arrivati alla curva dalla quale si riesce a vedere la casa, osserviamo alla finestra tutti e quattro con i visi sorridenti e con le guance rosse un po’ dall’imbarazzo che solo i bambini sentono appena entrano in contatto con persone nuove e un po’ dal freddo che continua a pizzicare anche chi porta gli abiti grossi. Li vediamo bene-bene. Sono pieni di ansia per l’incontro con noi e appena ci vedono entrare nel cortile ci corrono d’incontro felici e sorridenti, dimostrando un massimo di accoglienza, il ché parla già dell’educazione che ricevono da quando sono accolti nella casa Mario. Sono veramente splendidi! Ci abbracciano e ci si appiccicano con le braccia siccome ci conoscessero da tempo. Sanno i nostri nomi e si offrono volentieri a presentarci la casa.. la “loro casa”, come si sono già abituati a dirlo.

Quanta soddisfazione nel ricevere i regali! E quanto ancora l’entusiasmo nel recitare le poesie appositamente imparate per l’incontro con noi. È il loro modo di dire grazie e di mostrare quello che hanno di meglio.

Sono volti di bambini segnati da sguardi profondi che lasciano intendere una ferita che non si può rimarginare, ma allo stesso tempo anche sguardi in cui ancora brilla la fiducia e nei quali la speranza non si è spenta. Sono volti di bambini che non si sentono più soli, che possono chiamare la “mamma”, che gli coccola quando cadono correndo e ai quali rimbocca le coperte e dà il bacio della buona notte. Sono i volti dei bambini che fra qualche anno non saranno più bambini e avranno il mondo nelle loro mani. In una parola… sono bambini fortunati per aver trovato almeno per un tempo la calda accoglienza di una casa famiglia. Ma quanti altri bambini come loro aspettano ancora di ritrovare questo calore?

La nostra responsabilità nei loro confronti è come una brace viva che arde nel cuore, una brace che si accende come una fiamma davanti all’ingiustizia, all’indifferenza e all’ignoranza. E’ una brace che, a volte, la debolezza e l’immaturità come un bicchiere di acqua gelida rischiano di far spegnere.

Ma è in quei momenti ancor più che negli altri, che dobbiamo tenerla viva e ardente, pensando agli occhi di questi quattro bambini.