Nel nostro incontro con Gesù, l’ultima parola è il perdono

gesù perdona adulteraIn occasione della V Domenica di Quaresima, la riflessione del teologo don Maurizio Chiodi prende spunto dal Libro del profeta Isaia (Is 43,16-21), dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 3,8-14) e dal brano del Vangelo di Giovanni (Gv 8,1-11) in cui si narra il perdono di Gesù nei confronti di una donna adultera.

 

È una Parola folgorante, quella del Vangelo di oggi. Una Parola affascinante e sorprendente. Davanti a un Vangelo così, dovremmo dire tutti, come Paolo: «perché anch’io sono stato conquistato da Cristo».

Non siamo noi che ‘conquistiamo’, o guadagniamo lui e la nostra salvezza, o la nostra «perfezione», ma è lui che conquista noi, con il fascino che sprigiona dalla sua persona.

Perciò ancora Paolo dice che tutto è «una perdita» a confronto con la «sublimità della conoscenza di Cristo Gesù». Tutto al confronto con Lui, è come «spazzatura».

Paolo era davvero ‘affascinato’ e ‘innamorato’ di Gesù!

Il fascino, oggi, è legato ad un aspetto molto particolare della sua figura. Gesù è stato un uomo assolutamente sorprendente!

Qui è molto istruttiva la prima lettura, dal profeta Isaia. Questo uomo, a nome di Dio, pronuncia una bellissima Parola: quel Signore che già nei tempi antichi ha fatto per il suo popolo cose meravigliose, perché ha aperto «una strada nel mare», il Mar Rosso, e ha trasformato quel «sentiero» di salvezza in una strada di morte per l’esercito del faraone che voleva nella sua arroganza annientare il suo popolo, ecco quel Dio oggi dice: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?».

Sono parole affascinanti perché sorprendenti: il profeta annuncia che Dio è capace di compiere cose ancor più meravigliose di quelle che ha fatto nel passato. Perciò, a suo nome, chiede al popolo di non ricordare più le «cose antiche». Chiede di dimenticare, perché egli sta per compiere qualcosa di inimmaginabile.

Ecco che cosa è Dio, il Dio di Israele, quel Dio che si manifesta in Gesù: uno che fa accadere cose impossibili, meravigliose.

Questa ‘novità’ di Dio appare in modo luminoso nel Vangelo di oggi, uno dei testi più sorprendenti della storia di Gesù.

Il racconto ha un andamento drammatico, che si conclude nella bellissima scena finale: «Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo».

È un quadro di rara potenza, che rappresenta in un istante sintetico l’incontro tra Dio e l’umanità debole e peccatrice, perché in quella donna c’è la figura potente di ciascuno di noi. Non importa se non siamo stati adulteri, perché ciascuno di noi ha vissuto in tanti modi, nella sua carne e dunque nella storia, l’infedeltà a Dio.

Perciò quella donna ci rappresenta tutti, nel suo incontro sorprendente e affascinante con il Dio di Gesù, con il Dio che è Gesù!

Ma il racconto giunge a questo momento culminante attraverso una serie di passaggi e attraverso momenti che ora dobbiamo ‘gustare’ con calma, proprio per apprezzare la bellezza del finale.

Gesù si trova nel tempio, la mattina. Giovanni nota: «e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro».

È forte questo accorrere di tanta gente: «tutto il popolo» che va a Gesù, nel tempio, per ascoltarlo, come attratto da Lui.

Gesù è il tempio di Dio. Gesù è la Parola. È Lui che ci convoca.

Anche noi, nell’Eucarestia, siamo qui, al tempio, che è Lui, mentre ci parla. Anche noi troviamo in lui il santuario di Dio e la Parola che risuona in queste mura.

È la Parola sulla bocca di Gesù!

All’improvviso, in questo scenario, di pace, giunge un gruppo di scribi e farisei. Il Vangelo non dice quanti fossero e non descrive in che modo questa gente arriva davanti a Gesù. Però è evidente che questa gente arriva a ‘spezzare’ un’atmosfera pacifica e serena.

Tanta gente era là ad ascoltare Gesù. Questi non arrivano per ascoltare.

Vengono solo per accusare. Infatti, questi «scribi» e «farisei» conducono a Gesù «una donna sorpresa in adulterio», e, in modo provocatorio, la pongono «in mezzo» e la accusano.

Possiamo immaginarci questo cerchio di accusatori, che si stringe attorno alla donna, come una morsa mortale. È una scena veramente drammatica.

Le parole di questi accusatori spietati sono chiare: «Maestro», così chiamano Gesù. Tutti riconoscevano in Gesù un rabbi, un maestro, ma qui, questa parola suona particolarmente ironica e provocatoria.

E poi, con cattiveria e supponenza, dicono: «Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Loro, la risposta la conoscevano già. Il destino di questa donna, secondo la Legge, era la lapidazione.

In effetti, l’adulterio è cosa davvero grave in un rapporto di coppia, e la Legge di Mosè prevedeva una sanzione durissima contro di esso, anche se – dobbiamo ricordarlo – questa Legge puniva solo la donna, e non mai l’uomo! Evidente ingiustizia!

Ma, in realtà, a questi scribi e farisei, che conoscono già la risposta di Mosè, interessa accusare, attraverso la donna, Gesù stesso: «Tu che ne dici?».

Volevano «metterlo alla prova» per avere di che accusarlo.

Questa gente non sopporta Gesù, non sopporta il suo andare con i peccatori, non sopporta le cose strane che fa in giorno di sabato, non sopporta i suoi discorsi affascinanti di perdono. E allora questi scribi e farisei hanno ‘studiato’ per lui una trappola mortale. Se si pronuncia contro la Legge, potranno accusarlo davanti ai capi religiosi. Se si pronuncia a favore della Legge, lo accuseranno davanti ai Romani, perché solo questo – il potere politico – poteva mettere a morte un colpevole.

Davanti a questa folla vociante, che si nasconde dietro la Legge, Gesù spezza il tumulto del tempo. Gesù prende tempo. Si ferma e li ferma: «si chinò e si mise a scrivere col dito per terra».

Che cosa scrisse Gesù, non lo sappiamo. Possiamo fare mille ipotesi e non lo sapremo mai. A me piace pensare che questo atto di Gesù abbia un valore simbolico che esprime tutta la sua novità. Le tavole della Legge, sul Sinai, erano state scritte dal dito di Dio. Gesù, qui, adesso, scrive una nuova Legge, ma non formula nuove Leggi, non scrive nuovi precetti. Così, non ci è rimasto nulla di ciò che ha scritto quel giorno. È Lui la Legge nuova, sono le sue parole, è la sua carne, la sua storia, fino alla Pasqua.

Ovviamente quella gente si spazientisce. Magari, in un attimo, quegli uomini hanno pensato di aver davvero messo in difficoltà Gesù.

Allora Lui si alza – bellissimo questo suo alzarsi – e dice con semplicità favolosa: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, poi, senza curarsi di nulla, senza aggiungere nulla, senza guardare in faccia quei volti ipocriti, scrive di nuovo, chinandosi a terra.

Sappiamo che quegli accusatori, messi con tanta verità dinanzi a se stessi, se ne andarono uno dopo l’altro, «cominciando dai più anziani». Sanno di non essere «senza peccato» e allora rinunciano alla preda.

È allora che Gesù rimane solo dinanzi alla donna, che era là in mezzo, ma non più stretta dal cerchio dei suoi assatanati accusatori.

Con parole dolcissime, Gesù si rivolge a lei: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».

Tutti gli accusatori si sono dileguati. Non c’è più nessuno. E la donna lo chiama Signore», che è molto più che ‘maestro’.

«Neanch’io ti condanno». È il perdono diDio, in Gesù. È l’amore che crea cose nuove, impossibili, meravigliose.

Perciò Gesù le dice: «va’ …», come se le dicesse: “va’ e d’ora in poi, cammina nella memoria di questo amore che ti ha perdonato! Non dimenticarlo mai più!”.