Oksana, dall’orfanotrofio al trionfo di Sochi

oksana-bronze 200Quando venne alla luce, Oksana non era come i suoi genitori l’avevano immaginata, sana e forte. Era malata e malformata, così decisero di abbandonarla. Si potrebbe riassumere la sua condizione nell’adagio biblico “la pietra scartata dai costruttori.”

Alexandrovna Bondarchuk – Oksana per chi le vuole bene – è nata a Khmelnitsky, in Ucraina, il 19 giugno 1989 e soffre di “Emimelia tibiale bilaterale”, questo è il nome scientifico della sua malattia, ma se dici “radiazioni” e “Chernobyl” capisci subito di cosa si tratta. Dita palmate su ogni mano e senza il pollice, sei dita nei piedi, gamba sinistra più corta della destra, ginocchio senza forma, entrambe senza tibia. E un mare di sofferenza.

In orfanotrofio la piccola Oksana ha imparato che i medici che hanno tentato di aiutarla ad allungare la sua gamba più corta, la sinistra, non erano così bravi, e ha imparato che piangere non è mai un buon affare, perché le lacrime portano botte. Non molto, per la verità.

Poi è arrivata in Ucraina una donna statunitense di Buffalo, Gay Masters, e ha portato Oksana già tredicenne con sé in America diventando la sua mamma, quella vera, non quella falsa dell’abbandono.

Negli Stati Uniti mamma Gay ha fatto curare la piccola con efficacia seppure con dolore. Negli Usa le amputano le gambe, così da consentirle di accogliere protesi per consentirle di camminare meglio di prima.

La  giovane Oksana si avvicina allo sport, mamma Gay le regala una canoa, lei impara a remare, cresce bella, forte, amata. Poi, si sa, a una certa età l’amore di mamma non basta più. Conosce conosce Rob nel 2010, un soldato del corpo dei marines con le gambe amputate per lo scoppio di un ordigno in Iraq. Iniziano a remare insieme, si innamorano, vincono la medaglia di bronzo nel canottaggio ai Giochi Paralimpici di Londra nel 2012.

Dopo il trionfo posa nuda per una delle riviste di sport più importanti, Espn Magazine, insieme a campioni di altri sport. Mostrandosi nuda dice di voler rompere un modo di pensare per cambiare la percezione che la gente ha della bellezza. La bellezza, in fondo, è negli occhi di chi guarda. E lei, a dire il vero è bella, bellissima, anche senza gambe.

Alle Paralimpiadi di Sochi vince un argento, stavolta nella 12 km dello sci nordico sitting.

E’ una che si muove, Oksana, una che si mette alla prova e non teme la fatica. E’ una che non ha paura, nonostante la sofferenza, perché è molto amata. Si potrebbe dire che è un esempio e un monito anche per chi ha gambe perfettamente funzionanti e pur camminando resta fermo, per chi nella vita macina chilometri senza avere un obiettivo.

Oksana era la pietra scartata dai costruttori. Ora è testata d’angolo.