Papa Francesco: “I profughi sono un dono, non un peso”. Le famiglie accolte da Bergoglio: “Non dimenticate i siriani rimasti nella loro terra”

papa“I rifugiati conoscono le vie che portano alla pace perché conoscono l’odore acre della guerra”. Parole di papa Francesco, rientrato da poche ore dal suo viaggio a Lesbo. Quell’odore acre lo conoscono bene Quds, Omar e Masa –  6, 7 e 8 anni -, alcuni dei profughi siriani che il Pontefice ha portato con sé dalla Grecia offrendo loro ospitalità a Roma. Nella Capitale ricominciano a assaporare la normalità: si rincorrono in giardino, fanno a gara a chi lancia più lontano dei sassolini, scherzano con un fotografo che li invita a farsi uno scatto in posa. Wafa è la loro mamma: meno di 30 anni, ma già il volto segnato dalla sofferenza di anni di guerra nel suo Paese. Insieme al marito Osama racconta di un viaggio “terribile” attraverso la Turchia e la Grecia, costato 5mila dollari e durato settimane. Nelle parole di questa famiglia c’è tutta la felicità per la pace ritrovata, “grazie al miracolo compiuto da Francesco”, ma anche la consapevolezza che, se qualcuno li avesse aiutati in Siria, non avrebbero mai voluto lasciare la propria terra. Inevitabile, quindi, che il pensiero corra a chi non voglia abbandonare il proprio Paese. “Immagino un bel futuro qui per i nostri figli – dice Wafa -, ma non dimenticatevi di chi è rimasto laggiù. Mettendosi nei panni delle altre madri rimaste in Siria, Wafa spera che non siano costrette a scappare con i bambini scalzi in braccio, a salire di un gommone che va presto in avaria, guardare la morte in faccia su un barcone in balia delle onde.

“La pace non ha religione”, dice suo marito. Lo ha dimostrato con i fatti papa Francesco, nel momento in cui ha deciso di portare con sé da Lesbo 3 famiglie di rifugiati. Quei migranti che Bergoglio ha definito “un dono, non un peso”. E ai quali rivolge le scuse del mondo occidentale. Troppe volte non vi abbiamo accolto – ha detto il Pontefice -. Perdonate la chiusura e l’indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e mentalità che la vostra presenza richiede”.  “Ero forestiero e mi avete accolto…”, disse Gesù annunciando il Giudizio Finale e l’atteggiamento che distinguerà i giusti dai dannati. Papa Francesco riprende le Sue parole e paragona “alla carne di Cristo” ogni persona la cui “esperienza di dolore e di speranza ci ricorda che siamo tutti stranieri e pellegrini su questa Terra, accolti da qualcuno con generosità”. Ognuno di loro, ha sottolineato il Papa, “è un fratello con cui dividere il pane e un ponte che unisce popoli lontani”.

Quel pane che, con il supporto alla campagna di sostegno a distanza in Siria Io non voglio andare via di Amici dei Bambini, ciascuno di noi può donare alla popolazione siriana oppressa da più di 5 anni di guerra. Seguiamo il pensiero delle famiglie accolte da Papa Francesco: non dimentichiamo chi è rimasto in quella terra, chi non l’ha voluta abbandonare, pur non avendo più una casa in cui stare al sicuro. Nel suo viaggio di ritorno da Lesbo, Bergoglio ha visto i disegni dei piccoli profughi: barconi a picco, bimbi che affogano, un sole che piange. Facciamo in modo che non accada più ciò che ha ispirato i disegni di questi piccoli. Ai.Bi. ci sta provando con la sua campagna di sostegno a distanza Io non voglio andare via. Nelle zone di Idlib e Aleppo, Ai.Bi. sta distribuendo ceste alimentari e razioni “ready to eat” a più di 12mila rifugiati interni e famiglie in stato di necessità, oltre a portare avanti le attività del forno e delle ludoteca sotterranea di Binnish.

 

Fonti: Corriere della Sera, Avvenire