Perché siete contrari all’accesso alle informazioni sulle origini dei figli non riconosciuti?

Cara Ai.Bi,

seguo da diversi anni il vostro impegno nella lotta all’abbandono, ma proprio non mi spiego una cosa. Perché siete così contrari a permettere ai figli non riconosciuti alla nascita l’accesso alle informazioni sulle proprie origini anche dopo molti anni? Se sono stati adottati, hanno ormai una vera famiglia: che problema ci sarebbe a conoscere il  nome di chi li ha messi al mondo?

Grazie,

Maria

 

 

riccardiCara Maria,

il tuo dubbio sicuramente è comune a molti. Ti spiego quindi i motivi della nostra contrarietà a un facile accesso alle informazioni sulle proprie origini dei figli non riconosciuti alla nascita. Innanzitutto, è necessario precisare che si tratta di casi in cui la madre, al momento del parto, ha esplicitamente dichiarato di non voler essere nominata: una scelta certamente motivata e che necessita di adeguata tutela.

Pensiamo infatti che cosa accadrebbe se l’anonimato non fosse garantito, come prevede l’articolo 7 della legge sulle adozioni, la numero 184 del 1983. Molte donne incinte che, per loro motivi, non intendono riconoscere il nascituro, temendo che, un giorno anche lontano, sia possibile risalire alla loro identità, opterebbero per l’aborto. O per l’abbandono, magari in un sacchetto, all’interno di un cassonetto della spazzatura o sotto il sedile di un treno, come frequenti casi di cronaca ci raccontano. La tutela dell’anonimato, invece, permette a queste donne di non negare la vita al piccolo che portano in grembo, il quale, con l’adozione, può trovare poi una vera famiglia che si prenda cura di lui.

Ma vi è anche un secondo motivo per cui Ai.Bi. non sostiene il facile accesso alle informazioni sulle origini dei figli non riconosciuti. E in questo caso il tutelato è proprio quest’ultimo. Non è assolutamente detto, infatti, che la madre biologica che non ha riconosciuto il figlio alla nascita sia disposta a conoscerlo e ad accettarlo in un secondo momento, anche dopo molti anni. Immaginiamo quindi quanto debba essere traumatico per un ragazzo o un adulto sapere di non essere stato accettato alla nascita e scoprire di non venire accolto nel cuore della propria madre neppure molto tempo dopo.

Per questo Ai.Bi., insieme ad altre associazioni, aderisce all’appello lanciato dall’Anfaa (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie) con cui si propongono alcuni emendamenti all’art. 7 della L. 184/1983. Uno in particolare prevede infatti che l’accesso alle informazioni sia consentito solo nei confronti della madre biologica che, avendo dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, abbia successivamente ritirato tale dichiarazione.

Grazie per il tuo interessamento a questa delicata questione,

 

Cristina Riccardi

Membro del Consiglio Direttivo di Ai.Bi. e referente politico del settore Affido