“Prenderò un diploma e poi lavorerò per aiutare i miei genitori”

misnaI minorenni che arrivano da soli in Italia, non sono tutti uguali! Me lo hanno fatto capire loro, raccontandomi quelli che vengono definiti “viaggi della speranza”: il loro viaggio verso un futuro migliore. Ibrahim, 15 anni, abitava in un piccolo villaggio egiziano. Una mattina suo padre lo ha svegliato e gli ha detto “Preparati! Oggi parti per l’Italia!”. Dopo poco tempo è arrivato in Sicilia, è stato identificato e inserito in un Centro di pronta accoglienza. Ma a Milano ci sono dei parenti che hanno una pizzeria, pertanto appena riesce a sentirli telefonicamente, aspetta che tutti dormono, e prende il treno. Scappa. Sa poco dei suoi diritti, ma sa che in Italia ci sono altri egiziani, glielo hanno detto e raccontato i suoi amici, partiti prima di lui. Li ha visti su Facebook, con gli occhiali da sole e i vestiti firmati, seduti sopra una moto…sorridenti e vivi. Da qualche anno in Egitto la vita è difficile, non ci sono sicurezze, quando esci di casa puoi trovarti nel mezzo di una rissa e la polizia non fa niente. In Italia sarà tutto diverso. “Prenderò un diploma e poi lavorerò per aiutare i miei genitori!”.

Abraham  invece sa che fra pochi mesi sarà obbligato a servire l’esercito. In Eritrea il servizio militare oltre che essere obbligatorio, è anche a tempo indeterminato. Abraham sa che nell’esercito la vita è dura, le vessazioni sono all’ordine del giorno e, i suoi sogni moriranno col tempo. Ma alcuni coetanei gli propongono  di unirsi a loro; partiranno l’indomani per il Sudan e poi la Libia, l’Italia e la Svezia. Abraham non sa cosa dire a sua madre, sa che la farà soffrire…pertanto si alza di notte, le da’ un bacio in fronte e fissa nella sua mente l’immagine del suo volto mentre dorme serena nel suo letto. Il viaggio è lungo e pericoloso; non solo si incontrano animali feroci per raggiungere il Sudan, ma bisogna evitare i soldati che non ci pensano due volte a sparare a quelli che per loro sono disertori. In ogni tappa di questo lungo viaggio, occorre racimolare  soldi per proseguire. Così sulle coste libiche si aspetta che sia il proprio turno per imbarcarsi. Arrivati in Sicilia, Abraham sa che la parte più difficile è  terminata: non è morto! Ora deve pensare a raggiungere Milano senza farsi identificare, così potrà andare in Svezia dove, dicono, gli daranno subito una casa.

Mamadou è arrivato dall’Africa sub sahariana: il suo viaggio è durato circa due anni. Il suo villaggio ha raccolto quanto necessario per farlo partire, ha scommesso su di lui perché è sano e forte, quindi potrà trovare subito un lavoro e inviare dei soldi con il money transfer. Ma quando arriva in Italia, capisce che i muscoli non sono sufficienti e allora accetta la proposta degli educatori del centro di accoglienza: imparare l’italiano e prendere la licenza media. Mamadou è orgoglioso dei libri che porta sotto il braccio. Nel suo villaggio la scuola è un lusso che pochi possono permettersi. Ora lui studia in Italia! Si reca a scuola puntuale e ogni giorno alterna momenti di studio a calci al pallone. E’ fiero di se stesso e quando gioca l’Italia, tifa Balotelli. Mohamed scappa dalle bombe che ogni giorno esplodono in Siria. Ha ancora impresso gli anni in cui suo padre svolgeva la professione di dottore in ospedale. Ora il padre non c’è più, e con quello che gli ha lasciato ha deciso di raggiungere lo zio in Germania. Li’ si rifarà una vita, perché c’e’ la pace.  In poco tempo la sua vita è cambiata: si sentiva ancora un ragazzino che voleva divertirsi, giocare e crescere, ora invece deve pensare da adulto, deve essere adulto e badare a se stesso, costruire il suo futuro.
Il flusso costante di migranti che arrivano sulle nostre coste, può farci presupporre che il numero di Misna (minori non accompagnati) si aggiri attorno a una cifra che va dagli 8 ai 10 mila. E noi vediamo solo quelli che ce la fanno; molti sono quelli che muoiono lungo il tragitto, nel deserto e nel mediterraneo, vittime di uomini senza scrupoli e trafficanti di esseri umani. Il viaggio dura dalle poche settimane agli anni; tutto dipende dal luogo di partenza, dai capitali che si dispongono, dalle capacità fisiche e dalle conoscenze che si possiede. I progetti migratori sono differenti: per molti l’Italia è la meta di arrivo, per altri non lo è più, bensì è diventata un luogo di transito dove poter riprendere le forze, rimettersi in sesto e proseguire.  Se le mete sono diverse, le esperienze vissute sono molto simili. Sono vicende che facciamo fatica ad immaginare e che molti manifestano attraverso disturbi comportamentali da stress post traumatico. Sanno cosa si rischia, eppure si mettono in cammino alla ricerca di un futuro migliore. Questa e’ la cosa che li accomuna di sicuro!