Presentato al Senato un ordine del giorno del Pd: riforma della legge 184 entro il 2016 per aprire le adozioni internazionali ai gay

valeria fedeli senatoAlla fine il velo sulle reali intenzioni dei sostenitori del disegno di legge sulle unioni civili è stato sollevato. E, una volta scoperte le carte, ecco che è emerso quello che tutti avevano capito da tempo e che, incredibilmente, si cercava di negare. Il ddl Cirinnà, con la regolamentazione della stepchild adoption, apre la porta a tutti gli effetti all’adozione da parte delle coppie omosessuali. Lo farebbe attraverso una modifica della legge 184/1983, proprio come richiesto da un ordine del giorno presentato in Senato da una delegazione del Partito Democratico.

Prima firmataria dell’Odg è la vicepresidente del Senato, la democratica Valeria Fedeli, insieme ad altri 7 senatori dem. In sostanza l’Odg dice questo: per evitare che le coppie omosessuali possano ricorrere all’utero in affitto, si dovrebbe consentire loro di adottare, esattamente come agli eterosessuali. Dietro a un provvedimento come quello relativo alla stepchild adoption, ideato per risolvere i pochi casi di adozioni dei figliastri già presenti nelle coppie omosessuali italiane, si nasconde quindi qualcosa di molto più grande. E pericoloso: una modifica della legge sulle adozioni nella direzione dettata dall’Odg di Fedeli finirebbe per togliere a migliaia di bambini in diritto ad avere un papà e una mamma.

E pensare che la stessa Fedeli ha presentato la sua iniziativa in un’intervista sul quotidiano “l’Unità” con un titolo bello quanto fuorviante: “Riformare le adozioni per dare una famiglia a ogni bambino”. Peccato che le reali intenzioni siano lontane anni luce da quanto questo titolo lascerebbe intendere. Altro che famiglia! La famiglia è una sola e la Costituzione del nostro Paese lo precisa senza mezzi termini. Le altre – tra cui le coppie omosessuali – sono formazioni sociali che poco hanno a che fare con il bisogno e il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre.

Ecco quindi che emerge come tutto l’attuale dibattito sulla stepchild adoption – ovvero l’adozione del figliastro – sia in realtà strumentale a ben altri obiettivi. Ben mascherati dietro l’intenzione di limitare il più possibile la maternità surrogata. Quest’ultima, si legge nell’Odg, “solleva interrogativi profondi nelle coscienze e negli animi di persone di diversa appartenenza politica, culturale e religiosa ed è da più parti trasversalmente  condannata. Nella maggior parte dei casi si tratta di un uso del corpo della donna e delle sue funzioni riproduttive come una ‘merce’ in palese contrasto con il principio universale della dignità umana”. E fino a qui, è la sacrosanta verità. Ma è un’altra constatazione che devia dalla strada della difesa dei diritti dei minori. Quello in cui si sottolinea come, tra i diversi Paesi che puniscono penalmente il ricorso all’utero in affitto, “solo Bulgaria e Italia vietano l’accesso all’istituto dell’adozione per le coppie formate da persone dello stesso sesso”. Quindi che cosa propone Fedeli? Di “modificare, entro il 2016, l’intera disciplina relativa al diritto del minore alla famiglia” di cui alla legge 184/1983, “consentendo l’accesso anche all’istituto dell’adozione piena e legittimante alle coppie composte da persone allo stesso senso”. Il motivo? Questa sarebbe l’unico “reale strumento di contrasto al ricorso alla maternità surrogata”. Dimenticando, però, che, così facendo, si andrebbe esattamente nella direzione opposta rispetto a quella della difesa dei diritti dei bambini.