Ramonda: “Finora dai governi solo promesse ma niente fatti concreti”

casa famigliaLa casa famiglia non è riconosciuta eppure la parola “famiglia” compare quasi a ogni comma della legge 184/83 “Disciplina dell’ adozione e dell’ affidamento dei minori”. Anzi, la legge che l’ ha modificata, la 149 del 28 marzo 2001, l’ha inserita addirittura nel titolo, cambiato in “Diritto del minore ad una famiglia”.  Eppure la realtà è diversa con tutte le storture e le degenerazioni del caso, come la vicenda della famiglia Sacchi.

“Il riconoscimento giuridico della casa famiglia è una richiesta che  – dice Paolo Ramonda, presidente dell’associazione Giovanni XXIII, in un’intervista pubblicata da Avvenire – avanziamo ai vari governi da molti anni. Tutti ci ascoltano e ci fanno grandi promesse ma, finora, di passi in avanti concreti non ne abbiamo visti. Ma noi andiamo avanti lo stesso, fiduciosi che questo giorno, prima o poi, arriverà” .

L’ ultimo rappresentante governativo a cui è stata  presentato questa richiesta è stato, a fine luglio 2014,  il sottosegretario al Lavoro, Franca Biondelli. “Anche a lei abbiamo spiegato – precisa Ramonda – l ‘ urgenza di un provvedimento di questa natura”.  Ma finora tutto tace.

L’ apertura di case famiglia è stata la traduzione pratica di un’ idea di don Oreste Benzi: “Dare una famiglia a chi non ce l’ ha”  era l ‘ obiettivo del sacerdote che ha speso tutta la vita a fianco dei poveri.

Perché ancora non è arrivato il riconoscimento giuridico da parte dello Stato italiano? “Questa mancanza di chiarezza è dovuta, in primo luogo – continua Ramonda – , all’ eccessiva  specializzazione che ha caratterizzato l’ assistenza alle persone in difficoltà”.

Per il momento “abbiamo ottenuto il riconoscimento di alcune Regioni (Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Lazio e Lombardia)  – conclude – e per questo non molliamo. Certi che arriverà anche il momento del riconoscimento giuridico delle case famiglia”.

Fonte (Avvenire)