Reyhanli: quei rifugiati siriani “invisibili” che hanno bisogno di tutto

20131008PHT21709_originalDal nostro inviato (Luigi Mariani) – Nel mondo arabo l’adozione in senso stretto è proibita, ma se potessi prenderei quella ragazzina e la porterei con me a Dubai per crescerla e darle una buona educazione”.

Aisha* è probabilmente consapevole dell’imprudenza di una simile affermazione, eppure non riesce a rassegnarsi a quanto ha appena scoperto: a Reyhanli, dentro una tenda a ridosso della strada, si trova accampata una famiglia di quattro persone, che vivono in condizioni di estremo squallore. Tre minori rifugiati in Turchia insieme al padre, un alcolizzato evidentemente incapace di reagire alla perdita della moglie, morta in un bombardamento, e di prendersi cura come dovrebbe dei suoi figli.

La più piccola dei tre fratelli ha sette anni. “È una ragazza intelligentissima – mi dice Aisha, che in cuor suo sembra averla già adottataed è anche molto bella. È un peccato che viva una vita del genere”. Aisha è una siriana che ora vive a Dubai e rientra periodicamente a Reyhanli per riavvicinarsi alla sua terra d’origine e tenere seminari di formazione sul rispetto dei diritti umani. Ha una propria vita negli Emirati Arabi, ormai, come moglie e madre, ma da ogni sua parola traspare ancora forte il legame con la sua terra.

Tiene le sue lezioni in una specie di bar all’aperto, ritagliato sul fianco di una collina a qualche decina di metri dal confine con la Siria; un ritrovo per siriani che cercano un po’ di relax all’ombra degli alberi, tra una boccata di “shisha” (o narghilè), un sorso di chai (thè locale) e una partita a taula (la versione araba del backgammon).

Qui a Reyhanli ci sono migliaia di famiglie che vivono in condizioni simili, e migliaia di bambini costretti a condurre un’esistenza misera” mi dice, mentre discutiamo su come organizzare una delle prossime iniziative di Amici dei Bambini, una distribuzione di giocattoli fra i piccoli rifugiati. “Le persone che hanno il coraggio di chiedere, ricevono assistenza, mentre quelle che, per dignità, si rifiutano di rivolgersi agli altri, sopravvivono come possono”. A mano a mano che procediamo nel discorso, prendo consapevolezza delle reali dimensioni del fenomeno e della sua drammaticità. Notoriamente, i campi profughi in Turchia sono ben organizzati e gestiti direttamente dal governo, che ha investito grandi risorse nell’accoglienza. Ciononostante, nei centri urbani come Reyhnali si trovano ancora moltissimi rifugiati bisognosi di aiuto, una vera e propria popolazione “invisibile” che ha perso quasi tutto per colpa della guerra e che sopravvive come può.

Anche a queste famiglie, Ai.Bi. dedicherà nei prossimi mesi alcune iniziative di solidarietà, per cercare di riportare soprattutto sul volto dei bambini – le prime vittime del conflitto siriano – quel sorriso capace di ravvivare la speranza di chi lotta ogni giorno per assicurare loro un futuro.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi donare anche tu il tuo contributo a sostegno delle famiglie siriane, visita il sito dedicato.

 

* nome di fantasia