Riapertura delle scuole. Meno sette giorni. Qual è davvero il giusto distanziamento fisico da osservare?

Secondo studiosi britannici anche luoghi affollati e all’aperto, come i cortili delle scuole, possono essere pericolosi

Mancano sette giorni alla riapertura delle scuole. L’argomento maggiormente fonte di dibattito, ovviamente, sono le misure di prevenzione per il contagio da Coronavirus. In molti, parallelamente alla vicenda dei nuovi banchi, si chiedono quale sia il giusto distanziamento fisico da osservare per prevenire il contagio. Un metro? Due? Secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal, “le misure di distanziamento ufficiali utilizzate nei vari stati ‘sono una semplificazione eccessiva basata su scienza ed esperienze obsolete di virus passati'”. A dare notizia della ricerca è il Corriere della Sera in un articolo di recente pubblicazione.

“Anche in Italia – si riporta nell’articolo – dove la misura standard di distanziamento è quella di un metro, si è arrivati a una decisione arbitraria degli scienziati che si riferisce alla distanza sicura per l’emissione di goccioline pesanti (droplets) da parte di una persona che non porta la mascherina. All’estero si usano in molti casi i sei piedi, che corrispondono proprio a quella via di mezzo tra i due metri e un metro (1,80 cm circa) che anche in questo caso salverebbe dal contagio ‘standard’. Come fanno osservare gli scienziati inglesi, però, nelle situazioni che viviamo e che dobbiamo affrontare di ‘standard’ non c’è proprio nulla. Tant’è che altri fattori determinanti per calcolare il rischio contagio sono perlomeno anche altri quattro: la trasmissione ‘aerea’ (di goccioline più piccole) ormai provata, il tempo di permanenza in un ambiente, il grado di affollamento dello stesso e la ventilazione (condizionata, forzata, manuale)”.

Riapertura delle scuole: distanziamento di due metri sorpassato dalle goccioline

In merito diversi sono ormai gli studi che hanno dimostrato come la distanza di due metri sia sorpassata proprio a causa di queste goccioline più piccole che, “come in una nube, volano sospinte dall’aria fino ai 6-8 metri, in caso di emissioni forti come gli starnuti”. Così, anche i luoghi affollati all’aperto, come i cortili delle scuole, possono diventare vettori di contagio.

“Così (…) – leggiamo appunto ancora sul Corrierescopriamo che il rischio peggiore è dato, ad esempio, in luoghi all’aperto, molto frequentati con persone che gridano o cantano senza mascherina anche se vicini per breve tempo; oppure che una situazione ‘sicura’ è un luogo poco affollato (anche scarsamente ventilato) dove le persone parlano a lungo, ma indossando le mascherine. La tabella non è esaustiva e considera ad esempio solo persone positive ma asintomatiche, mentre sappiamo che quando una persona è malata e tossisce o starnutisce i rischi di contagio aumentano tantissimo. Non sono nemmeno considerate la suscettibilità personale alle infezioni (soggetti immunodepressi o vulnerabili ai virus), né la carica virale di un infetto, che può variare enormemente da un individuo ad un altro. ‘Nelle situazioni a più alto rischio – concludono gli scienziati – è necessario prendere in considerazione una distanza fisica superiore a 2 m e la riduzione del tempo di occupazione. È probabile che una distanza meno rigorosa sia adeguata, invece, in scenari a basso rischio'”.