Bruxelles. Raccomandazione europea: “Riconoscrere il ruolo fondamentale della famiglia nella assistenza ai minori in difficoltà”

“Gli Stati membri sono invitati ad affrontare il problema della mancanza di famiglie affidatarie e dovrebbero essere stanziate risorse adeguate per garantire i servizi di sostegno necessari per l’assistenza di tipo familiare”

Sviluppo e rafforzamento dei sistemi integrati di protezione dei minori nell’interesse superiore del minore. È questo il titolo della Raccomandazione della Commissione Europea n.2024/1238 del 23 aprile 2024, pubblicata il 14 maggio, che, in 74 paragrafi, fornisce ai Paesi membri dell’Unione un quadro su come la protezione dei minori non sia ancora garantita e su ciò che bisognerebbe mettere in atto per migliorare l’attuale situazione.
Il documento, come viene specificato nell’introduzione, nasce da oltre mille consultazioni effettuate mediante la nuova piattaforma della UE per la partecipazione dei minori in merito alle loro esigenze di protezione. A queste si è aggiunta una consultazione pubblica “aperta e su invito a presentare contributi, dopo che l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) aveva effettuato, su richiesta della stessa Commissione, una mappatura dei sistemi nazionali di protezione dei minori nell’Unione”.

Famiglie: “principali prestatrici di assistenza”

Da questo grosso lavoro di analisi, una delle principali constatazioni che emerge è la diversità dei sistemi nazionali di protezione dei minori nel vari Paesi dell’Unione, organizzati su diversi livelli di decentramento e condizionati da specifici fattori culturali, sociali, storici, così come dalle risorse disponibili.
Il problema comune che emerge è l’insufficienza delle politiche di prevenzione e dei sistemi di identificazione precoce e la mancanza di meccanismi di coordinamento che permettano risposte multidisciplinari efficaci comuni a più ministeri o a diversi livelli di competenza.
Da qui, una delle principali raccomandazioni della Commissione è quella di “definire chiaramente i ruoli e stabilire uno stretto coordinamento tra tutti i soggetti competenti, in particolare le autorità pubbliche (a tutti i livelli, in funzione delle loro competenze), gli attori privati e le organizzazioni della società civile”.
All’interno del documento vengono effettuate anche delle specifiche riflessioni sul ruolo delle famiglie, riconosciute come “principali prestatrici di assistenza” (paragrafo 20). Gli Stati membri dell’Unione sono per questo esortati a “sostenere la genitorialità e la famiglia” per prevenirne la disgregazione (paragrafo 37), mentre per i minorenni che non vivono in famiglia la Commissione UE raccomanda una serie di azioni volte alla “de-istituzionalizzazione e transizione verso un’assistenza e dei servizi di qualità, in case famiglia e comunità“. In particolare, per garantire la transizione verso la de-istituzionalizzazione nell’interesse superiore dei minori, “gli Stati membri sono invitati ad affrontare il problema della mancanza di famiglie affidatarie, specialmente per i minori in situazioni precarie o con esigenze complesse o al fine di mantenere uniti fratelli e sorelle. Dovrebbero essere stanziate risorse adeguate per garantire i servizi di sostegno necessari per l’assistenza di tipo familiare o comunitario”. “Occorre – si spiega anche – predisporre controlli e monitoraggi adeguati e fare tutto il possibile per evitare che i minori che non vivono con la famiglia di origine passino da una collocazione all’altra” (paragrafo 49).

Migliorare la raccolta dei dati e il monitoraggio

Molto importante, e sulla strada che Ai.Bi. da tempo sostiene, l’invito a migliorare la raccolta dei dati così da “potenziare i sistemi di monitoraggio e valutazione”. In questo quadro “gli Stati membri dovrebbero organizzare la raccolta di dati statistici ufficiali disaggregati e di altri dati pertinenti (provenienti da fonti amministrative, sondaggi e altri tipi di ricerca qualitativa e quantitativa) sulla violenza contro i minori e sulla protezione dei minori” (paragrafo 32).
All’interno di questo, anche i sistemi di protezione dei minori dovrebbero venire “monitorati in modo indipendente“: “Tale compito” – (si precisa al paragrafo 33) – “potrebbe essere svolto, in particolare, da un istituto nazionale indipendente per i diritti dei minori o un difensore civico per i minori dotati di risorse adeguate.”
Un segno di grande rilevanza politica è l’invito a “Rafforzare un approccio integrato alla protezione dei minori nell’azione esterna”: “gli Stati membri dovrebbero difendere i diritti dei minori nella loro azione esterna, compresa la diplomazia estera, la cooperazione allo sviluppo e l’azione umanitaria, come stabilito negli strumenti internazionali in materia di diritti umani e di diritto umanitario, con particolare attenzione al diritto di vivere senza subire violenza e al diritto alla protezione.” (paragrafo 59).
Le Raccomandazioni della Commissione UE non sono atti giuridicamente vincolanti, ma hanno un forte significato politico in linea con la priorità stabilita ormai da quando nel 2009 con il Trattato di Lisbona, è stabilito che l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore” (art. 3 del Trattato consolidato).