Sentenza della Corte costituzionale: tutti hanno diritto ad avere dei figli, ma chi adotta un minore straniero è discriminato

corte_costituzionale350La vittoria dell’autodeterminazione. Con la pubblicazione della storica sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 10 giugno scorso, che ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa, trionfa nell’ordinamento italiano la tutela della famiglia intesa come “luogo” in cui i coniugi hanno diritto ad autodeterminare le proprie scelte senza interferenze di terzi.

E infatti la Corte ha sancito che “la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile”. Si tratta di una libertà fondamentale garantita dalla Costituzione. Infatti, secondo la Corte: “il progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico, è favorevolmente considerata dall’ordinamento giuridico, in applicazione di principi costituzionali”.

Come per tutti i diritti e le libertà fondamentali, non possono esistere – secondo la Corte – dei limiti che pongano divieti assoluti alla persona umana e che ne impediscano l’esercizio.

Ecco perché – ed è questo un passo fondamentale della sentenza –, nel caso della legge 40/2004, è stata giudicata incostituzionale la disparità di trattamento anche di tipo economico fra le coppie cui era ammesso il ricorso alla fecondazione assistita omologa e quelle per cui valeva il divieto di fecondazione assistita eterologa: mentre infatti per le prime in alcune regioni è prevista la gratuità (ed è comunque assicurato un certo flusso di fondi dallo Stato alle Regioni), le coppie con infertilità non superabile hanno sino ad oggi avuto l’impedimento ulteriore di dovere ricorrere all’Estero con costi decisamente elevati, fino alla totale discriminazione per le coppie che, non avendo la possibilità economica di farlo, hanno dovuto abbandonare il progetto di avere un figlio.

Questi ragionamenti non possono non condurre ad una seria riflessione sull’intera portata della legge speciale n. 184/1983 che disciplina le misure di protezione dell’infanzia. Infatti, anche l’istituto dell’adozione, essendo uno strumento che consente la formazione della famiglia, deve essere letto e applicato in armonia con la Costituzione e con gli articoli 2, 3 e 31, che tutelano le formazioni sociali come la famiglia e l’uguaglianza fra tutti i cittadini.

Come mai dunque la legge 184 prevede due diversi canali per la formazione delle famiglie adottive? Perché in particolare, l’adozione nazionale può essere gratuita mentre quella internazionale è a carico delle famiglie? E come mai le coppie che adottano un minore straniero devono attendere che un tribunale le dichiari idonee con decreto mentre quelle che adottano un minore in Italia non percorrono lo stesso “cammino” burocratico?

Non si tratta forse di una disparità di trattamento economico, quella disparità che la Corte Costituzionale vuole contrastare? Evidentemente la legge sull’adozione usa per certi aspetti due misure distinte e contiene, in ogni caso, alcuni aspetti che vanno affrontati con coraggio per restituire uguaglianza e dignità a tutte le coppie che intendono adottare.

E sempre in tema di disparità di trattamento, vi è l’utilizzo dei decreti vincolati da parte dei Tribunali per i Minorenni per attribuire alle coppie l’idoneità ad adottare. Se il diritto deve prevalere e il mezzo per realizzarlo è l’autodeterminazione, ( non ha senso l’esistenza di uno strumento come il decreto vincolato, che di fatto opera una violenta coercizione sul numero dei figli ammessi ad entrare in una famiglia, sulla loro età e sulle loro condizioni di salute.