Utrecht (Olanda). Sfide e opportunità future dell’adozione internazionale, dalla tutela dei minori nei Paesi di origine al sostegno alle famiglie adottive

adozioni-internazionalisitoQuali sono le sfide e le opportunità che attendono l’adozione internazionale in Europa? E soprattutto: quale sarà il ruolo dell’accoglienza adottiva nella società del futuro? A queste domande ha provato a rispondere Euroadopt, la rete di 20 enti accreditati europei che operano nel campo delle adozioni internazionali, in una conferenza che si è tenuta a Utrecht, in Olanda, il primo e il 2 giugno. Presente anche una delegazione di Amici dei Bambini, membro di Euroadopt da oltre 20 anni e, per l’occasione, rappresentata da Marzia Masiello e Michele Torri, referenti rispettivamente della sede romana e delle adozioni internazionali.

Scopo principale della due giorni di lavori è stato un confronto diretto tra tutti gli attori del settore impegnati a cercare la strategia giusta per migliorare la vita di quei minori che non hanno la possibilità di vivere con la propria famiglia biologica. Obiettivo delicato che può essere raggiunto solo grazie a un’efficace sinergia tra tutti i soggetti coinvolti, che hanno avuto modo di confrontarsi nel corso della conferenza di Euroadopt.

Tra i circa 250 partecipanti alle due giornate  di Utrecht, oltre agli esponenti delle Autorità Centrali europee, che i rappresentanti degli enti accreditati, del Permanent Bureau per la Convenzione de L’Aja, del mondo accademico e del cosiddetto “triangolo” dell’adozione: genitori adottivi, ragazzi adottati e genitori biologici.

Durante la conferenza è stata presentata l’analisi sui servizi di post-adozione offerti in gran parte dei Paesi europei i cui enti sono membri di Euroadopt. Un lavoro a cui Ai.Bi. ha partecipato facendo parte del gruppo di lavoro incaricato di effettuare una sintesi delle informazioni condivise con i diversi attori e conducendo in prima persona un’analisi sui servizi per la ricerca delle origini dei minori adottati.

La prima giornata di lavori si è incentrata sulle diverse possibilità che i Paesi di origine possono dare ai bambini in stato di abbandono, sugli effetti tangibili del principio di sussidiarietà e sulla definizione più corretta di “migliore interesse del minore”. Durante il secondo giorno di convention sono stati invece presentati i risultati di alcune ricerche condotte sullo sviluppo dei minori adottati, sui loro bisogni e su quelli dei loro genitori adottivi, concentrando in particolare l’attenzione su come questi ragazzi vivano il proprio status di adottati nei Paesi che li hanno accolti.

Tra gli interventi più rilevanti, quello di Laura Martinez Mora, consulente legale del Permanent Bureau, che ha presentato i progressi fatti dalla Convenzione de L’Aja negli ultimi 20 anni e ha esposto una disamina dei dati sulle adozioni realizzate fino al 2013. Per i Paesi di origine, si segnala la relazione di Tracy Kyagulanyi, specialista dei sistemi di protezione dei minori in Uganda, che ha evidenziato i pericoli che incombono sulla tutela dell’infanzia nei Paesi caratterizzati da un quadro normativo carente. Degno di nota anche l’intervento di Stephen Ucembe, un ragazzo kenyota fortemente disabile e beneficiario di alcuni degli interventi di cooperazione realizzati da Ai.Bi. in Kenya: Stephen ha raccontato la sua esperienza di vita in orfanotrofio dopo che, alla nascita, a causa della sua disabilità, era stato etichettato come “bambino del diavolo”.