“Sfigurati” dall’odio e dall’ideologia: l’infanzia rubata di migliaia di bambini siriani

bambino siriaDal nostro inviato (Luigi Mariani) – In un mondo normale, i bambini dovrebbero giocare, frequentare i loro coetanei, sognare cose grandi. Dovrebbero imparare l’amore, il rispetto per l’altro, la civile convivenza. Dovrebbero studiare, crescere, imparare ad affrontare le difficoltà, che prima o poi si presenteranno sul loro cammino. Ma quello in cui viviamo non è più un mondo normale, ammesso che lo sia mai stato.

Sta circolando in questi giorni una foto raccapricciante, impossibile da commentare, perché verrebbe da pensare che si tratti di un fotomontaggio, di un macabro scherzo, del fotogramma di un qualche film horror “splatter” di serie B: ritrae un bambino che regge la testa di un soldato decapitato dai militanti dello Stato Islamico, nella zona di Al Raqqa, in Siria.

A volte si pensa di aver visto tutto e che l’umanità abbia già toccato il fondo, ma non è mai così: per il modo in cui si manifesta – ogni volta in maniera nuova e diversa – il Male riesce sempre a stupire, a scioccare, a lasciare senza parole.

Sull’onda dello sdegno provocato da questa immagine definita “barbara”, il tema del reclutamento dei minori in Siria è tornato dunque alla ribalta sui media internazionali, benché sia tutt’altro che nuovo. A essere divenuta più evidente negli ultimi mesi, grazie anche a una massiccia campagna propagandistica realizzata attraverso i social network, è l’azione sistematica di reclutamento e indottrinamento portata avanti dall’auto-proclamatosi Stato Islamico, che coinvolge un gran numero di minori, sin dalla tenera età.

Un recente documentario realizzato da Vice News, intitolato “Grooming Children for Jihad” (“Preparare i bambini per la guerra santa”), testimonia come centinaia di ragazzini subiscano costantemente il lavaggio del cervello dai militanti dell’IS e vengano reclutati per uccidere gli “infedeli”. Esistono persino programmi “itineranti”, che prevedono l’utilizzo di furgoncini per raggiungere il maggior numero di destinatari, nelle zone sotto il controllo del gruppo. Una scena ritrae i miliziani mentre distribuiscono cibo ai bambini, cantando insieme a loro brani che inneggiano al “martirio” e fantasticano su “bellissime vergini”; un’altra ancora mostra gli stessi combattenti dell’IS mettere in scena degli spettacoli comici, al termine dei quali costringono i piccoli a giurare fedeltà al “califfato”. Il tutto accade, a volte, con la piena approvazione di padri “orgogliosi”, che coinvolgono intenzionalmente i figli nelle proprie battaglie ideologiche, insegnando loro l’odio, la violenza, il disprezzo per la vita.

Ma ci sono anche quei padri e quelle madri che si vedono portare via i figli contro la propria volontà, senza poter far nulla, con il rischio di perderli per sempre. È il caso riportato – ad esempio – dal quotidiano arabo al-Hayat, di una donna saudita che, dopo aver affidato all’ex marito i suoi due bambini di 10 e 11 anni, nella convinzione che li avrebbe portati in vacanza, se li è visti sottrarre arbitrariamente, nel peggiore dei modi: l’uomo, dopo aver aderito all’IS, li ha infatti portati in Siria, dove intende farne dei martiri. “Considerali degli uccellini che cantano in Paradiso” avrebbe detto alla ex moglie, commentando una foto che li ritrae tutti e tre insieme, vestiti con abiti militari, mentre imbracciano le armi. Difficile immaginare lo strazio di una madre, di fronte a una situazione drammatica come questa.

A migliaia di piccoli siriani, “sfigurati” dall’ideologia, l’infanzia è stata portata via, strappata in modo arbitrario, violento, inaudito; molti di loro, forse, ignorano persino cosa sia, perché non l’hanno potuta e non la potranno mai conoscere. Non esistono più né libertà, né futuro, per questi bambini, trattati come semplici “contenitori” di dottrine spietate, attraverso cui veicolare idee di morte e distruzione; inconsapevolmente utilizzati per andare a rinfoltire le fila dei “martiri”, come carne da macello per la battaglia.

In Siria, oggi, i bambini non hanno soltanto bisogno di cibo e di un tetto sicuro sotto cui vivere: hanno anche – e soprattutto – bisogno di tornare a essere se stessi.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto il supporto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.

 

Fonti: Reuters, International Business Times