Siria: ti sei mai chiesto come vive un bambino in un campo profughi?

profughi 200Nei campi profughi non si rischia di saltare su una mina, né di diventare bersagli di cecchini. Ma la vita è durissima lo stesso. Soprattutto per i bambini. Che sono vittime di rapimenti, abusi e violenze di ogni tipo. Se passano indenni da questi pericoli, si ritrovano quasi sempre malati e lavoratori a nero.

Migliaia di siriani vivono ammassati in fuga dalla guerra. I campi, sorti ai cigli delle strade, sono città provvisorie fatte di tende e giacigli di fortuna, freddo e paura, delinquenza e armi.

Impossibile per gli adulti muoversi liberamente: uomini armati controllano le strade di polvere esibendo armi e munizioni.

Solo ai bambini è permessa una certa libertà. Così capita di vedere bimbi che ripuliscono la strada, trasportano acqua, sbrigano piccole commissioni. Vivere in una tendopoli allestita in pieno deserto non è facile: nelle tende d’estate il pavimento è rovente e la sabbia è infestata da scorpioni e serpenti. Mentre d’inverno la temperatura si abbassa molto, e il vento solleva la sabbia ovunque.

Eppure la vita si consuma quasi sempre al chiuso. Dopo il tramonto, girare nell’accampamento è troppo pericoloso: le donne rischiano di essere stuprate, mentre non si contano i bambini usciti e spariti. Spesso i campi sono gestiti da ribelli che hanno stretto patti scellerati con la malavita. Quest’ultima non garantisce solo rifornimenti di viveri, ma alimenta il traffico di pedofilia e pornografia.

Chi vive in un campo profughi, viene nutrito e curato. I bambini possono frequentare la scuola. L’Onu garantisce anche cure adeguate. Ma tanti minori presentano i sintomi da stress post traumatico: incontinenza notturna delle urine, insonnia, difficoltà di alimentazione. L’epatite è tra le malattie più diffuse.

Così chi può permettersi un affitto, fugge nelle città vicine. Anche se i costi degli appartamenti si sono quintuplicati in due anni. Gli altri si arrangiano come possono.

Ci sono madri e padri che immolano uno dei loro figli per salvare gli altri. E’ quasi sempre il destino delle bambine. Avviate alla prostituzione nei campi profughi, piuttosto che cedute a mariti anziani. Una ragazzina di 12, 13 anni vale circa 500 dollari, sul mercato dei matrimoni finti. Perché con matrimoni non registrati, la prassi è che dopo poche settimane dal matrimonio, la sposa-bambina viene ripudiata.

E’ tale la brutalità della vita all’interno dei campi profughi, che le migliaia di bambini costretti a lavorare a nero nelle città vicine ai campi come muratori, contadini, ambulanti per portare a casa pochi dollari al giorno sembrano quasi dei miracolati rispetto ai loro coetanei, vittime silenziose e invisibili della guerra, della disperazione, della cattiveria degli adulti.