Siriani, un popolo in fuga. Nei campi profughi arrivano 3mila persone al giorno, la metà sono bambini

avsiLibano2--330x185Roberta Russo, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), intervistata da radio Capital, racconta il dramma dei profughi che quotidianamente arrivano nei campi profughi. Tutti i giorni sono almeno 3mila le persone che fuggono da persecuzioni, fame e guerra. Di queste la metà sono bambini. Per quest’ultimi non si riesce a garantire nemmeno il minimo: un tetto e un letto.

I bambini arrivano con i segni visibili dei traumi subiti. Ma molti, lontano da bombe e spari, vivono una realtà non meno dura di quella che hanno lasciato alle spalle. Stando alle stime, sarebbero 4mila i minorenni che lavorano in nero. Un bambino su dieci è costretto a lavorare per aiutare la propria famiglia. E non si tratta di adolescenti di 15-16 anni. Ma di bambini di pochi anni. Racconta la portavoce: «A quattro-cinque anni, ci sono bambini che lavorano 8-9 ore al giorno e ricevono un compenso giornaliero di pochissimi euro. La cosa più sconvolgente è che quando si parla con loro non si lamentano nemmeno del fatto di doverlo fare. Sentono la responsabilità profonda di partecipare all’economia della famiglia».

L’ufficio della portavoce è davanti a un centro di registrazione, e da lì passano giornalmente circa mille profughi. Molte le famiglie composte solo da madri e bambini. Bastano poche parole per tracciare il dramma che si consuma giornalmente nei campi profughi: «Dobbiamo prendere ogni giorno decisioni strazianti: occorre dare delle priorità e scegliere chi aiutare».

Quanto ai racconti che riferiscono i profughi, la Russo spiega: «Parlano di distruzione, detenzione, parenti uccisi, bombardamenti, devastazioni. Qualcuno è arrivato solo con i vestiti addosso. E deve ricominciare tutto daccapo. Tutti descrivono un percorso estremamente difficile per arrivare ai campi profughi».

Ma la rappresentante dell’ UNHCR invita a non confondere i profughi con gli immigrati. Perché i primi «scappano dalla guerra e dalla persecuzione e l’unica cosa che vorrebbero è tornare a casa propria. Se arrivano nei nostri Paesi è perché sono obbligati per una questione di sopravvivenza». Quindi la Russo rimarca che la vera emergenza rispetto ai profughi siriani è proprio nei campi profughi. Negli Stati confinanti sono milioni le persone arrivate dalla Siria, con la popolazione locale costretta a condividere con loro case, scuole, ospedali. E ricorda che «le persone che arrivano in Europa sono pochissime rispetto a 2milioni e 2oomila» assiepate ai confini della propria terra, con la speranza di poter tornare a casa il prima possibile.

 

Fonte: Repubblica.it