Suicidio assistito. La superficialità della Consulta: un comunicato, tre errori…

Quando si parla di porre fine a una vita tra una “e” e una “o” corre una differenza abissale. L’esempio dell’Olanda

La sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito, alla fine, è anche peggiore di quanto si potesse immaginare. C’è infatti voluto qualche ora perché, con una nota, la Consulta precisasse che il primo comunicato stampa sulla decisione in merito al caso Cappato fosse in realtà errato.

“La Corte – si leggeva nel primo comunicato – ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche (…)”.

Nella successiva precisazione, però, è stato spiegato come quest’ultima frase fosse sbagliata, purtroppo proprio nel passaggio in cui si chiarivano i requisiti relativi all’accesso al suicidio assistito. Quelle “sofferenze fisiche e psicologiche”, infatti, erano in realtà “sofferenze fisiche o psicologiche”. E, in questo caso, tra una “e” e una “o” c’è davvero una differenza abissale.

Si tenga presente che, in Olanda, dove una legge sull’eutanasia esiste dal 2002, come spiega Tempi, “ci sono voluti ben otto anni prima di dare il via libera alla soppressione di malati con problemi esclusivamente psicologi e psichiatrici. Se tra il 2003 e il 2010 ci sono stati al massimo due o tre casi ufficiali all’anno, il numero è poi cresciuto a dismisura: 13 nel 2011, 14 nel 2012, 42 nel 2013, 41 nel 2014, 56 nel 2015, 60 nel 2016, 83 nel 2017 e 67 nel 2018. A questi vanno poi aggiunti i malati affetti da demenza uccisi con l’eutanasia, ben 859 tra il 2010 e il 2018”.

Insomma, non è solo una svista, ma una differenza concettuale e culturale enorme. Come è possibile che un organo serio come la Consulta abbia trattato in maniera tanto superficiale un tema così importante? Eppure lo ha fatto. Tanto che, quello appena citato, non è l’unico errore.

Nel comunicato originale si faceva infatti riferimento a un’inesistente ordinanza numero 2017 del 2018. Ha pertanto fatto seguito una nota che spiegava come questa fosse, in realtà, la numero 217 del 2018. Che, però, ha come tema… la caccia! La vera ordinanza, infatti, era la 207 del 2018, come ha spiegato un ulteriore ed ennesimo comunicato di correzione…

A questo punto, però, una domanda sorge spontanea. Ma davvero la vita, per i signori della Consulta, conta così poco? Davvero un tema come la libertà di scegliere se porre fine alla propria esistenza o meno può essere liquidato con un comunicato stampa infarcito di strafalcioni? Sembra assurdo. Ma, purtroppo, è accaduto realmente.