Torino. Neonati in affido alle famiglie: bimbi più sereni e Comune più ricco

affidoA Torino il progetto ‘Neonati’ compie vent’anni. I risultati registrati sono talmente positivi che dovrebbero incoraggiare una sua diffusione su tutto il territorio nazionale. Famiglie selezionate e preparate, con figli, accolgono per un tempo limitato neonati e bambini piccolissimi, avendo la consapevolezza che dovranno “lasciarli andare” quando sarà definito il loro futuro.

Il Progetto di affidamento familiare di bambini da 0 a 2 anni evita che i piccoli rimangano a lungo in ospedale e privilegia l’accoglienza in una famiglia all’inserimento in comunità. Si tratta di neonati riconosciuti dai genitori, ma che il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi, ha temporaneamente allontanato dalla famiglia d’origine.

Durante il periodo di affidamento, i genitori biologici del bambino vengono sostenuti e viene valutata la possibilità di superare le difficoltà che hanno determinato l’allontanamento, in vista di un rientro nella famiglia di origine o presso altri parenti disponibili all’accoglienza del bambino.

In attesa che venga deciso il futuro di questi bambini, i bimbi vengono accolti da una famiglia, che garantisce una cura e un legame profondo con il piccolo, ma al tempo stesso è preparata a reggere emotivamente il distacco. Sono papà e mamma a tutti gli effetti, ma sanno di esserlo per un periodo di tempo relativamente breve.

Nel capoluogo piemontese il progetto ha radici lontane. E’ partito intorno agli anni novanta, ma dal 2001 si è strutturato e consolidato attraverso un protocollo tra Città di Torino, Asl, Tribunale per i Minorenni e le associazioni di famiglie affidatarie. Dal 2001 al 2013 circa 120 neonati sono stati accolti da decine di famiglie. Mentre nel 2014 sono cinque gli affidamenti avviati.

Diverso il panorama nel resto d’Italia. Dei 15 mila minori accolti in comunità, l’8% ha tra 0 e 2 anni. Quindi per ben 1.250 bambini da zero a due anni viene disattesa la legge che indica di privilegiare l’affido familiare anziché l’inserimento in comunità educative per i bambini sotto i sei anni. Osserva Cristina Riccardi, responsabile del settore affido di Ai.Bi.: «Se il “modello Torino” fosse applicato su scala nazionale, oltre a rispettare le indicazioni della legge, garantendo una famiglia ai piccolissimi, gli enti pubblici risparmierebbero circa 30 milioni di euro, risorse che potrebbero essere utilizzate in altri servizi a sostegno della famiglia. Questo risparmio quindi andrebbe a braccetto con il benessere dei bimbi coinvolti».