Troppi i minori che vivono in comunità: la denuncia della Brambilla

adult-child-hold-hands 350A due mesi dalla giornata mondiale dell’infanzia dedicata ad affidi e adozioni, la presidente della bicamerale sull’infanzia, Michela Vittoria Brambilla, accende di nuovo i riflettori sui  minori fuori famiglia.

E’ lei la prima firmataria di un’interpellanza che ha coinvolto esponenti di quasi tutti i partiti.

«Alla commissione – spiega la presidente Brambilla – arrivano continuamente segnalazioni e denunce sulle condizioni igienico-sanitarie di alcune case famiglia o peggio ancora su casi di maltrattamenti ed abusi in quel contesto».

Una situazione che non può più essere ignorata. Mancano numeri esatti sui minori fuori famiglia in Italia. Ma le stime elaborate dall’Istituto Innocenti di Firenze, aggiornate al 31 dicembre 2011, riportano il numero di 29.388 minori fuori famiglia dei quali, 14.991 in Comunità. Tra i minori accolti in queste strutture, oltre 1600 sono bambini sotto i sei anni.

L’interpellanza sottolinea l’urgenza di censire le cosiddette case-famiglia, istituire un registro degli affidamenti temporanei, monitorare le condizioni dei minori in queste comunità. Inoltre i firmatari chiedono al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della Giustizia, al Ministro dell’Interno di render noto il numero di inchieste penali in corso a carico di gestori o operatori di tali strutture e le relative ipotesi di reato. Spiega la Brambilla: «E’ tempo di fare chiarezza non soltanto sulle situazioni particolari, delle quali già si occupa la magistratura, ma su tutto un sistema caratterizzato, nel complesso, da poca trasparenza e troppa discrezionalità».

I ministri sono chiamati a pronunciarsi sull’opportunità, “di ridefinire i ruoli e le competenze di chi è deputato alla tutela del minore fuori dalla famiglia (il giudice tutelare e gli assistenti sociali in primo luogo)” al fine di migliorare le procedure di affidamento familiare.

Perché, come Ai.Bi. sostiene da tempo, per un bambino o adolescente che non può vivere con la propria famiglia, la soluzione più adatta a curare le sue ferite è collocarlo il prima possibile in una famiglia che possa dargli affetto, attenzioni e sicurezza. E non rinchiuderlo in una Comunità dove troppe volte i bambini inizia una ‘carriera da precari’ che li vede rimbalzare da una struttura all’altra. Senza poter mai trovare adulti che siano per loro punti di riferimento, a tempo sì, ma certi.