Turchia: quei bimbi siriani nati senza patria, che portano il nome della speranza

profughi siria2Dal nostro inviato (Luigi Mariani) – Sono 30.000 i bambini siriani nati in Turchia dall’inizio del conflitto, nei campi di rifugiati o nelle città vicine alla frontiera, mentre si stima che altri 30.000 siano nati in varie province del paese.

A fornire questi dati è l’AFAD, l’ente di protezione civile turco, che in questi anni ha creato un sistema di registrazione delle nascite che consente ai neonati di godere di alcuni servizi basilari, in particolare in ambito medico sanitario. A ciascuno di questi bambini sono rilasciate delle apposite tessere identificative, con cui le famiglie possono rivolgersi alle strutture pubbliche per ottenere assistenza.

Ad agosto 2014, risultavano essere circa 1 milione e 370 mila i siriani rifugiati in Turchia, 220.000 dei quali risiedono in 24 campi allestiti in 10 province non lontano dal confine; si stima che i bambini accolti nel paese con le proprie famiglie siano circa 450.000.

Quello messo in piedi da AFAD è un sistema che consente ai bambini di vedersi riconosciuti diritti minimi di cui altrimenti non potrebbero godere, non risultando registrati presso l’anagrafe siriana, né di altri paesi.

Se da una parte è semplice monitorare la situazione all’interno dei campi, gestititi direttamente dal governo, più difficile è procedere alla registrazione dei bambini nati nei centri urbani: le autorità turche stimano che siano alcune decine di migliaia anche quelli nati da famiglie siriane nel resto del paese.

Un aspetto toccante di questo fenomeno è che ai piccoli nati in territorio turco, spesso le famiglie siriane attribuiscono nomi arabi che significano “primavera”, “pace” o “speranza”, quasi a voler sottolineare la volontà di ricominciare, di ricostruirsi un futuro, a dispetto di ogni difficoltà causata dalla guerra. Altre scelgono invece di chiamare i propri figli con nomi turchi, in segno di gratitudine verso il paese che li ospita. Curioso il caso di una giovane coppia di siriani che vive a Reyhanli, che ha addirittura dato alla propria bambina il nome della moglie del Presidente Erdogan, Emine.

Sempre più di frequente, questi bambini crescono imparando la lingua turca, adeguandosi ai costumi e alle abitudini locali, ma per i loro genitori, benché riconoscenti al governo del sostegno ricevuto, il sogno rimane sempre quello di tornare, un giorno, nel proprio paese.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto il supporto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.

 

Fonte: Hurriyet Daily News