Una legge per il sostegno a distanza

3 BAMBINITruffe e raggiri sono un ricordo del passato, seppure non troppo lontano. Sul sostegno a distanza, però, continuano ad addensarsi le nubi dell’incertezza.

Pensare che la generosità degli italiani, nel settore, è a dir poco commovente: un milione e mezzo di persone ricorrono a questa particolare forma di adozione (decisamente più snella e immediata delle altre) per un totale di oltre 500 milioni di euro donati ogni anno. Il problema? Secondo l’Ai.Bi., l’associazione Amici dei bambini, la quasi totale assenza di regole, o meglio di vincoli. Cui va aggiunta – dal marzo dell’anno scorso, quando è stata soppressa l’Agenzia per il terzo settore – quella di un organismo istituzionale che se ne occupi direttamente (il “pacchetto” è finito nel calderone del ministero e del Lavoro e delle Politiche sociali). Di qui la proposta di una legge che regolamenti una volta per tutte il settore e che l’Ai.Bi. presenterà a settembre.

Fu proprio l’Agenzia per le onlus, nel 2009, a tentare di dare un po’ di chiarezza alla materia, a cominciare dall’istituzione di un apposito elenco delle organizzazioni che si occupano di sostegno a distanza. Il risultato del tavolo di confronto con queste ultime (durato 8 mesi) furono delle linee guida, un quadro di riferimento teorico cui ispirarsi per garantire a sostenitori e beneficiari trasparenza e professionalità degli interventi.

Peccato che il documento, per sua natura, non fosse cogente: alle associazioni, cioè, veniva data la possibilità di aderirvi in modo da “certificare” la propria buona fede (e in moltissime lo fecero) in attesa che le linee guida si trasformassero in legge. «Il che non è accaduto – spiega Stefano Zamagni, allora presidente dell’Agenzia – per i motivi che tutti conosciamo: prima la caduta del governo, poi la soppressione della stessa Agenzia». Ma quelle linee guida «furono senz’altro un passo avanti importante».

Proprio qui, invece, si apre il “vulnus” denunciato dall’Ai.Bi., secondo cui quel documento avrebbe avuto invece la colpa di non chiarire affatto alcuni aspetti rischiosi del sostegno a distanza: «In primo luogo secondo il presidente, Marco Griffini – bisogna esplicitare chi ne sono i destinatari: un singolo bambino; una scuola; un progetto. Se non si fa così si rischia che il sostenitore sia indotto a credere di essere in relazione con un singolo beneficiario, mentre invece quel bambino fa solo da “testimonial” a un progetto, prestando il proprio volto a più sostenitori. Non è insomma un sostegno personalizzato, ma comunitario». Un argomento sacrosanto che, a dire il vero, nelle linee guida era stato affrontato eccome: «Non a caso – continua Zamagnii punti messi a fuoco in quel testo erano stati proposti, analizzati e valutati insieme al Forum del sostegno a distanza, cui aderisce oltre il 70% delle associazioni che si occupano sul campo della materia e che bene ne conoscevano i limiti». Ancora, secondo l’Ai.Bi., «non si è vietata la possibilità che un bambino venga “spacciato” a diverse famiglie», un altro punto su cui l’associazione vorrebbe una parola definitiva e cui effettivamente, nelle linee guida, non si faceva esplicito riferimento.

In ogni caso, per evitare che si alimenti sfiducia verso tutto il settore, la proposta lanciata dall’Ai.Bi. ora è quella di dare regole a chi opera nel settore creando un organo terzo con un reale potere di valutazione e sanzioni per chi non le rispetta: «L’Agenzia per le onlus non aveva il potere di imporre nulla a nessuno continua Griffini -. Ora, dobbiamo porre fine una volta per tutte al “far west” dove ogni organizzazione può ricorrere a qualsiasi espediente pur di accaparrarsi un sostegno in più». Il dibattito è aperto.

 

(Da Avvenire, 31 agosto 2013)