Una riforma per rendere più snelle le adozioni internazionali

puglisiPubblichiamo di seguito un articolo apparso sul numero del settimanale “Stop” in uscita in questi giorni. L’avvocato Lorenzo Puglisi, partendo dalla positiva conclusione della vicenda dei 31 bambini congolesi recentemente giunti in Italia e accolti dalle loro famiglie adottive, mette in risalto l’urgenza di una riforma delle adozioni internazionali e illustra i punti fondamentali su cui tale riforma dovrebbe basarsi.

 

È di questi giorni la notizia dell’arrivo in Italia dei 31 bambini congolesi adottati da coppie italiane e bloccati per sette mesi a Kinshasa. Stop che, secondo Cristina Ravaglia, direttore generale della Farnesina per gli italiani all’estero e le politiche migratorie, è stato necessitato da “irregolarità nelle adozioni da parte di altri Paesi”. La lieta conclusione di un’epopea che ha messo in evidenza le problematiche, poco note ai più, in merito alla complessità burocratica e ai costi che, a oggi, appesantiscono l’iter necessario per portare a termine una pratica di adozione internazionale. È auspicabile, pertanto, e richiesta a gran voce, una nuova legge che preveda una cooperazione degli enti autorizzati e dei servizi sociali sin dalle fasi iniziali della procedura e fino all’ingresso degli adottati nelle famiglie.

Una riforma che faccia sì che, come negli altri Paesi Europei, siano i Servizi Sociali e non i tribunali per i Minori a dichiarare l’idoneità degli adottanti. La proposta di riforma delle adozioni internazionali è davvero ambiziosa. Questi i suoi obiettivi: limitare per legge il numero di incontri psicologici e uniformare l’iter a livello nazionale; rendere perentori i termini della procedura a garanzia della celerità dell’iter, riconoscere automaticamente la sentenza straniera di adozione (con acquisto immediato della cittadinanza); definire i requisiti qualitativi per gli enti autorizzati e farli rispettare; fissare dei costi standard per i servizi forniti dagli enti; razionalizzare l’iter eliminando passaggi inutili e, per esempio, trasferire la commissione per le Adozioni Internazionali (Cai) presso il ministero Affari Esteri.