Usa, crisi delle adozioni: il Dipartimento di Stato sotto accusa

Adoption_African_American_Family200Il crollo delle adozioni internazionali negli Stati Uniti? Tutta colpa dell’Autorità centrale americana. È questo il parere del Centro per le politiche adottive, un’organizzazione indipendente con sede a New York, che in un lungo comunicato sul proprio sito ufficiale, nel commentare i dati del 2013 appena rilasciati, ha lanciato un duro j’accuse al Dipartimento di Stato.

“Negli ultimi cinque anni”, si dice nella nota, il governo USA ha avuto un approccio piuttosto negativo in materia di adozione internazionale. Il Dipartimento di Stato ha fatto propria la politica di UNICEF, per la quale l’adozione internazionale deve essere evitata”. Secondo il Centro, il Dipartimento avrebbe aderito alla linea politica dell’Onu, che tende a rigettare l’adozione internazionale come metodo di formazione della famiglia, e sarebbe arrivata, in passato, persino a definirla come un “genocidio culturale”, un segno di “fallimento nazionale” e addirittura una “copertura per possibili frodi”.

Da un punto di vista operativo, il Centro non risparmia le critiche all’Autorità centrale, rea – in sostanza – di non aver fatto abbastanza per supportare i paesi desiderosi di aderire alla Convenzione dell’Aja, per metterli cioè in condizione di realizzare accordi rispettosi dei diritti dei bambini; sostiene, viceversa, che negli ultimi anni il Dipartimento avrebbe adottato una strategia poco costruttiva, di critica nei confronti di paesi come la Cina e l’Etiopia, e di non aver fatto abbastanza, a livello diplomatico, per impedire il divieto di adozioni verso gli USA da parte della Federazione Russa.

A quanto pare, poi, la fuga delle coppie dall’adozione è un fenomeno che sta colpendo anche le famiglie americane, le quali – denuncia il Centro – piuttosto che affrontare le sempre più frequenti lungaggini burocratiche e amministrative, scelgono di non rischiare e si sottraggono a quelle che vengono definite “inutili trappole”.

Quale sarebbe, dunque, la ricetta del Centro per le politiche adottive per rilanciare le adozioni internazionali?

“Innanzitutto, il governo dovrebbe intraprendere il percorso opposto, e valorizzare l’adozione internazionale come un metodo legittimo per dare una famiglia a minori abbandonati”, mettendo cioè in atto tutte le soluzioni possibili per far sì che i bambini vengano affidati alla cura di famiglie adeguate, con misure di “conservazione dei rapporti e di riunificazione, con la cura parentelare, la tutela, l’adozione nazionale e internazionale”, e tutte quelle forme analoghe e culturalmente accettabili di accoglienza familiare definitiva, che mettano al centro l’interesse e i diritti del minore. Di qui, l’esplicita richiesta di porsi in atteggiamento di maggior collaborazione verso i partner internazionali.

Solo così facendo, concentrando cioè gli sforzi per promuovere una politica “che ponga come obiettivo primario quello dei bambini ad avere una famiglia, e calibrando le soluzioni su questo scopo, “potremo garantire ai paesi stranieri che nella nostra società multiculturale, ciascuno bambino accolto venga cresciuto nel rispetto della propria storia, come cittadino del mondo.”

Il Centro per le politiche adottive lancia poi un appello per far fronte all’emergenza abbandono, richiamandosi all’esperienza cinese. “Attualmente , nonostante il crollo dei tassi di natalità, milioni di bambini orfani e vulnerabili sono a rischio in tutto il mondo. Il governo americano può e deve lavorare con i governi e gli organismi internazionali per individuare soluzioni permanenti per questi bambini senza famiglia. Prendete la Cina, per esempio. A Guangzhou, il governo locale quest’anno ha istituito il ‘baby box’, dove i genitori possono lasciare i bambini di non possono prendersi cura. In 90 giorni, 260 bambini sono stati lasciati lì, mettendo in crisi i funzionari, che hanno dovuto chiudere la struttura in quanto i posti a disposizione negli istituti della città sono andati esauriti. Su base annua, solo il numero di bambini abbandonati in quel preciso box, in quei tre mesi, rappresenta il 45% del numero complessivo delle adozioni dalla Cina agli Stati Uniti effettuate nel 2013. Se il governo adottasse il nostro nuovo approccio, riuscirebbe a trovare, insieme ai funzionari cinesi, il modo di risolvere queste difficoltà per questi bambini, e quindi una sistemazione definitiva per loro, presso famiglie amorevoli.”

La nota del centro si conclude quindi con uno sguardo ai numeri disastrosi appena resi pubblici dal Dipartimento di Stato, che costituiscono un invito a riflettere e ad attivarsi quanto prima per invertire la rotta:“Nel 2008, il nostro primo anno come nazione aderente alla Convenzione dell’Aja , sono state effettuate 17.456 adozioni negli Stati Uniti; l’anno scorso ce ne sono state 7.094. Decine di migliaia di bambini sono stati abbandonati al più atroce dei destini. Dobbiamo fare meglio.”