Vacanze preadottive, il dibattito è aperto

Corbis-42-bolivia_260200Una vacanza per iniziare il percorso che condurrà all’adozione. Le chiamano “vacanze preadottive”, le promuove l’Associazione Amici dei bambini (Ai.Bi.). Cinque famiglie dichiarate idonee all’adozione, a partire dal prossimo mese di agosto, ospiteranno alcuni giovanissimi colombiani per tre settimane. L’esperienza riguarderà bambini adottabili di età superiore ai 10 anni, di età inferiore ai 10 anni con particolari bisogni psicofisici o fratelli, in cui almeno uno dei bambini abbia più di 10 anni.

“Siamo di fronte a un male enorme, quello dell’abbandono, – denuncia Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi. –  e dobbiamo fare di tutto per risolverlo. Ci sono tantissimi bambini in istituto, già grandicelli, che nessuno chiede, nessuno vuole. Vogliamo impegnarci a trovare una famiglia anche per loro? Vogliamo almeno provarci o siamo convinti che ci si può solo rassegnare a lasciarli diventare adulti da soli?”.

La vacanza preadottiva cerca di dare una risposta proprio al problema evidenziato da Griffini. Le coppie che aderiscono vengono accompagnate in tutte le fasi del programma, in un percorso che prevede incontri e colloqui formativi con le coppie italiane, condotti da psicologi, per affrontare la gestione della relazione e dell’affettività. I bambini, invece, verranno preparati con un programma in dieci step, a cura dell’Instituto colombiano bienestar familiar (Icbf). Al termine delle vacanze cosa succede? Le famiglie possono manifestare la volontà di proseguire con l’adozione. Nel caso in cui, invece, non vogliano accogliere definitivamente il bambino come figlio, la coppia ospitante resterà comunque un referente amicale e affettivo, “a distanza”, per il minore, impegnandosi a mantenere i contatti con lui, informandosi sulla sua vita e sui suoi sviluppi.

Il dibattito è vivo e aperto. Queste vacanze, che creeranno nei bambini forti speranze e illusioni, pongono tanti interrogativi che riguardano soprattutto le conseguenze difficilmente riparabili derivanti dal fallimento del possibile ‘abbinamento’”. A sollevare perplessità, in una lettera aperta, è Donata Nova Micucci, presidente dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa), per la quale “questi bambini, che attraverseranno l’oceano per passare ‘tre settimane di vacanza’ con una famiglia in Italia, saranno ben consapevoli delle reali finalità di questa iniziativa, che inevitabilmente creerà in loro forti aspettative”. Per Anfaa sono diversi i motivi di criticità della proposta, per la quale si dicono “allibiti” quando riflettono sui casi in cui la coppia, al termine della vacanza, decida di non tenere il bambino. “Come può vivere il bambino questa esperienza su cui ha posto tante aspettative? Come potrà superare questa ennesima frustrazione e accettare di essere un bambino che può andar bene sì per una vacanza, ma non per essere accolto e amato per sempre?”.

Non è dello stesso parere Michela Pensavalli, psicologa e psicoterapeuta, ricercatrice presso l’Istituto di terapia cognitivo interpersonale (Itci), che ricorda come nelle vacanze preadottive “non si può pronunciare la parola ‘adozione’, e, per quanto i bambini siano molto sensibili alle figure surrogate, l’esperienza, se non vi sono aspettative, può rivelarsi anche una parentesi felice. Tanto più che le statistiche dicono che l’80% delle coppie alla fine sceglie di adottare”. Favorevole alle “vacanze”, Pensavalli le stima come una “bella novità”, “un modo per ovviare alla grandissima difficoltà di accoppiamento tra adottanti e adottandi. Certo – prosegue – bisogna agire con molta prudenza, soprattutto approfondire sulle fasi di start up, valutando il livello di attitudine alla genitorialità sia attraverso il parere dello psicologo che ascoltando i genitori, le loro paure, il loro rischio di inadeguatezza e incapacità che spesso manifestano”.

Di prudenza parla anche Fabrizio Azzolini, presidente dell’Associazione genitori (Age), tutore dei minori nella regione Veneto. È favorevole alle “vacanze”, a patto che “vengano fatte secondo una certa idoneità. Non basta l’idoneità riconosciuta ai genitori, ma occorre passare dall’ufficio tutela minori perché dichiari l’idoneità contestuale quasi attuale, degli adottanti. In certe famiglie possono sopraggiungere problemi, soprattutto unionali, come la separazione, che poi recano problemi anche ai bambini”. L’Anfaa, invece, tra le altre cose, propone ad Ai.Bi di servirsi del “sostegno attento e continuativo da parte dei Servizi socio assistenziali e sanitari” allo scopo di tutelare il minore.

 

Fonte: (Agensir.it)